Le Interviste di ROBERTO SARDELLI Intervista a Giuseppe Martinelli |
31
gennaio 2005 La
vita dei grandi campioni del pedale è stata sempre stata
legata a quella di un Direttore Sportivo in particolare.
Si ricorderanno gli abbinamenti più prestigiosi: Coppi
e Cavanna, Gaul e Guerra, Gimondi
e Pezzi, Merckx ed Albani. Quando
però un tecnico riesce ad accompagnare alla vittoria più
di un corridore, gli apprezzamenti di solito riservati
ai campioni del pedale, vengono allora estesi anche a
questi grandi talenti dell'ammiraglia.
L'ultimo,
in ordine cronologico, risponde al nome di Giuseppe
Martinelli, buon velocista di fine anni settanta e
tecnico di spessore poi; tra le sue file sono passati
atleti del calibro di Maurizio Fondriest,
Claudio Chiappucci, Stefano Garzelli
e l'indimenticabile Marco Pantani.
Attualmente,
si trova a gestire il talento più puro ed apprezzato
del panorama ciclistico internazionale, il campioncino
di Cerro Veronese, Damiano Cunego.
Giuseppe,
che cosa puoi dirci a proposito della notizia che è rimbalzata
dalla Francia, secondo la quale Beppe Saronni e Claudio
Corti avrebbero deciso di affidare i gradi di capitano
unico al campione trentino al prossimo Giro d'Italia,
rimandando poi al Tour de France, la stessa investitura
per il giovane Damiano?
Per
tagliare subito la testa al toro premetto che i programmi
di Damiano li faccio io e nessun'altro, né Corti, né Saronni.
Ciò premesso, come vado dicendo da ottobre dello scorso
anno, Gilberto farà sicuramente il Giro d'Italia
per farlo bene, ma assolutamente non lo correrà nelle
vesti di capitano unico. Sarà un importante punto di riferimento
per la squadra ma al Giro ci sarà sicuramente anche Damiano
con propri ambiziosi obiettivi.
Spero
che entrambi siano al massimo per quell'evento e che la
loro unione consenta alla nostra squadra di fare la differenza
sul campo. Nessuno dei due potrà comunque vantare il ruolo
di capitano unico. Per quanto riguarda il Tour invece,
tra i due, andrà soltanto Damiano, ma correndo questa
corsa per la prima volta, siamo consapevoli delle difficoltà
che potrà incontrare e l'obiettivo primario sarà quello
di fare esperienza.
Premesso
tutto questo, posso affermare con la massima serenità
che nessuna notizia è più fasulla di quella che è stata
pubblicata da quel sito francese.
Damiano
ha compiuto 23 anni lo scorso settembre. Non è una scelta
un po' azzardata quella di correre così giovane, nello
stesso anno tutte e due le più grandi gare a tappe?
Sono
osservazioni giuste in quanto rivolte ad un campione così
giovane. Tuttavia sono fermamente convinto che se vuoi
essere un campione di quelli che piacciono alla gente,
devi cercare nei limiti del possibile, di essere protagonista
dalla primavera all'autunno.
Ci
sono stati anni, anche abbastanza recenti, in cui abbiamo
applaudito grandi campioni che però hanno fornito grosse
performances per periodi di tempo piuttosto brevi. Come
Direttore sportivo ritengo che colui che ha deciso di
fare il corridore, lo debba fare per tutto l'anno.
Lasci
dunque intendere che Damiano correrà il Giro in funzione
del Giro e non come programmazione o preparazione al Tour?
Sicuramente,
l'ho già detto e non ho problemi a ripetermi:-Il Tour
di Cunego non deve benché minimamente stravolgere il suo
obiettivo primario che è e resta, il Giro d'Italia.
Può
darsi che in un futuro non troppo lontano, magari quando
ci sarà in programma un mondiale con un tracciato impegnativo
e duro, si possa programmare il Tour, saltando il Giro
ed optando a far bene alle classiche di primavera. Al
momento però, non ci penso assolutamente. Per un corridore
italiano, il Giro rappresenta sicuramente l'appuntamento
più importante.
In
particolare per Damiano che l'ha già vinto lo scorso anno.
Damiano
in questo momento non rinuncerebbe al Giro per nessun
motivo, anche perché consapevole, che correre il Tour
per la prima volta è sicuramente una grossa incognita.
Riepilogando:
al Giro d'Italia Cunego e Simoni tenteranno entrambi,
con le proprie forze, di raggiungere l'obiettivo primario,
cercando di coesistere e di andare d'accordo il più possibile,
nell'interesse della squadra?
Non
voglio fare retorica, ma credo che una situazione come
quella che si vive in casa LAMPRE-CAFFITA la vorrebbero
vivere molti miei colleghi: due grandi campioni come Gibo
e Damiano, con atleti formidali al loro fianco, Sabaliauskas,
Tonti, Spezialetti, Petrov e tutti gli altri, pronti a
svolgere il proprio ruolo fino in fondo per cercare di
raggiungere l'obiettivo primario rappresentato dal Giro
d'Italia. Certamente quello che c'è stato l'anno scorso
tra Gilberto e Damiano non lo dimentico, ma come ho sempre
ribadito, tengo a sottolineare anche questa volta che
Damiano non ha fatto altro che fare il suo lavoro, dettato
dalla strategia di corsa che era quella che noi volevamo
e Gilberto ha accettato suo malgrado la sconfitta con
amarezza, perché forse non pensava di trovare Damiano
così forte. Del resto se è vero che Simoni certe parole
rivolte a Damiano poteva risparmiarle, è pur vero che
un campione ha sempre un forte temperamento e nel caso
di Gilberto ha cercato sino in fondo di vincere il Giro
senza assistere passivamente alla vittoria di un altro
corridore, se pure suo compagno di squadra.
Se
però qualche discussione si sente tutt'oggi, deriva forse
dal fatto che Simoni è tornato sull'argomento a più di
sei mesi di distanza dall'evento in cui la polemica è
maturata.
Penso
che il fatto di tornare su quell'episodio sia derivato
più da circostanze giornalistiche che altro. Personalmente
devo dire che ho avuto modo di parlare spesso con Gilberto
e sicuramente lui ha capito che all'ultimo Giro d'Italia
non era il Simoni dell'anno prima, perché se lo fosse
stato, avrebbe sicuramente concesso il bis, trovando in
Damiano un prezioso gregario. Posso aggiungere che pur
essendo io, il primo tifoso di Damiano, non credevo che
sarebbe andato così forte al Giro; pur apprezzandone le
doti, sono rimasto favorevolmente stupito dalle sue eccezionali
imprese.
Stando
invece sull'attuale, c'è da dire che Gilberto Simoni ha
raccolto consensi ed entusiasmi ovunque, in terra australiana
al Tour Down Under.
Un
corridore da corse a tappe esercita un fascino del tutto
particolare verso gli sportivi di ogni continente. Gilberto,
avendo vinto due Giri d'Italia, è già nella storia del
ciclismo.
Per
quanto riguarda Damiano, c'è da dire che avrà sicuramente
passato un inverno pieno di festeggiamenti. É riuscito
a conciliarli con gli allenamenti e con i programmi di
preparazione?
Quella
che ha vissuto Damiano in quest'inverno è stata una situazione
del tutto nuova per lui e bisogna dire che ha rappresentato
un grosso tour de force. Però non si devono avere dubbi:
Damiano si è allenato scrupolosamente e potremo vederlo
abbastanza competitivo già all'inizio di stagione. È importante
tuttavia che se ne stia tranquillo e finalizzi di raggiungere
il top per gli appuntamenti per lui più importanti.
Puoi
anticipare quello che sarà per Damiano il programma di
gare di avvicinamento al Giro d'Italia?
Debutterà
il 27 Febbraio alla "Clasica de Almeria", poi
in sequenza, Vuelta a Murcia, quasi sicuramente la Settimana
Internazionale Coppi e Bartali ed il Giro dei Paesi Baschi,
per poi approdare in Belgio dove non è però stato deciso
tra Freccia o Liegi o addirittura entrambe. Sarà deciso
in base alla sua condizione in quel periodo. L'ultima
corsa a tappe prima del Giro sarà comunque il Romandia.
Perché
è stata preferita la corsa svizzera rispetto al Giro del
Trentino?
Perché
avendo stabilito di correre anche il Tour, può darsi che
a quindici giorni dalla partenza del Giro, Damiano possa
trovarsi un po' in ritardo di preparazione rispetto allo
scorso anno; per questo motivo abbiamo ritenuto opportuno
che una importante corsa a tappe molto a ridosso del Giro,
gli consentirà di arrivare "a puntino" a Reggio
Calabria.
Perchè
è stato deciso di far correre a Damiano la Vuelta a Murcia
invece che la Tirreno-Adriatico o la Parigi-Nizza, che
sono prove più prestigiose e valide per il PRO-TOUR?
Perché
sia alla Tirreno che alla Parigi-Nizza vanno solitamente
gli atleti che sono già abbastanza ben rodati in quel
periodo e che vanno già abbastanza forte; la Vuelta a
Murcia è preferita da quei corridori che preparano le
grandi gare a tappe e che agli inizi di marzo sono un
po' più indietro nella preparazione. Ne esce così fuori
una corsa più tranquilla e meno frenetica.
Del
resto, è un'abitudine quella della corsa spagnola, che
ti porti dietro dai tempi di Chiappucci prima e di Pantani
poi.
Ed
anche Garzelli. Murcia per me ha sempre rappresentato
il punto di partenza per la preparazione al Giro d'Italia. Per
Simoni invece, quale sarà la sua marcia di avvicinamento
al Giro?
Gilberto
partirà un pochino più forte poiché i suoi programmi non
prevedono il Tour. All'arrivo dall'Australia dove ha svolto
il Tour Down Under, farà le gare in Italia e sarà cioè
presente al Giro della Provincia di Reggio Calabria e
successivamente alla Milano-Torino, al Giro della Provincia
di Lucca ed alla Tirreno-Adriatico per poi andare in Spagna
alla Vuelta Valenciana. Non farà invece il Giro dei Paesi
Baschi optando per qualche classica delle Ardenne. Al
ritorno dal Belgio, proseguirà con il Giro del Trentino
e tutte le gare in linea in Italia che precedono il Giro.
Perché
Simoni, pur avendone le caratteristiche, non è mai sembrato
troppo interessato in tutta la sua carriera, alle classiche
delle Ardenne?
Nelle
sue precedenti esperienze nelle gare che precedono il
Giro, Gilberto è riuscito ad essere vincitore sia in Trentino
che al Giro dell'Appennino. Segno questo, che poteva tranquillamente
essere protagonista anche sulle Ardenne. Tuttavia, può
capitare che sia ritenuto opportuno non inserirle nel
programma, perché in quelle classiche trovi sicuramente
dei corridori che hanno finalizzato i propri piani proprio
su quegli appuntamenti specifici e quindi un atleta che
pensa concentrato al Giro d'Italia e che sta perseguendo
un particolare tipo di preparazione e di allenamento per
quell'appuntamento, potrebbe anche rischiare di "rompere"
per usare un termine caro all'ippica, proprio a causa
dell'intenso agonismo, tipico delle gare del Nord.
Quando
l'anno scorso è stato deciso di correre la Vuelta con
Cunego, si sono levate critiche da più parti. Poi ovviamente,
con lo splendido finale di stagione di Damiano, queste
si sono affievolite. Tu che hai vissuto l'esperienza in
prima persona, che cosa ne pensi a proposito?
La
Vuelta ha rappresentato un punto cruciale nella stagione
di Damiano. Dopo la vittoria al Giro, il suo comportamento
alla corsa a tappe spagnola ha rafforzato le mie convinzioni
riguardo alle sue eccezionali doti di recupero. La scelta di andare in Spagna era sempre stata funzionale alla preparazione
al Mondiale di Verona e non c'era certo l'ambizione di
fare il risultato pieno. Da quell'esperienza ho dedotto
che un corridore in possesso di doti così straordinarie,
può permettersi di correre Giro e Tour ogni anno.
Il
post Vuelta di Cunego dello scorso anno presenta molte
analogie con quella che fu l'esperienza di Pantani del
1995, dove alla Vuelta, schiacciato forse da un super
Jalabert, sembrava un po' smarrito. Si esibiva nei volatoni
di gruppo, senza però essere mai grande protagonista.
Qualche giorno più tardi invece, seppe regalarci un grandissimo
mondiale in terra colombiana dove conquistò un bellissimo
terzo posto alle spalle di Indurain. Peccato che al suo
rientro in Italia avvenne quel tragico evento alla Milano-Torino.
Marco
in quel periodo aveva una condizione eccezionale e dopo
il bronzo di Duitama, avrebbe avuto grosse possibilità
di aggiudicarsi anche il Lombardia.
Una
corsa che quest'anno tu hai vissuto intensamente dall'ammiraglia,
a pilotare Damiano verso una fantastica vittoria.
Anche
in quella circostanza Damiano è stato semplicemente eccezionale.
Ha dovuto rimediare ad un errore sulla discesa del Ghisallo
quando sono andati via undici corridori. In quel momento
mi ha ascoltato ed è intervenuto uscendo da solo a riacciuffare
i fuggitivi. Sicuramente in quel frangente la corsa stava
per essere compromessa del tutto e se non si fosse mosso,
la fuga sarebbe arrivata a Como. Una volta di più Damiano
ha dimostrato le sue straordinarie doti perché dopo quello
sforzo è riuscito a difendersi ed a tenere le ruote di
Basso, quel giorno veramente incontenibile, per poi batterlo
in volata.
La
condizione ed i numeri esibiti quel giorno da Damiano,
penso che siano stati la conseguenza di una forma fisica
maturata grazie alla Vuelta. È mia ferma convinzione che
chi vuole vincere il Mondiale non può esimersi da correre
in Spagna a settembre. Sembra averlo capito anche Bettini,
che quest'anno dovrebbe avere in programma Giro e Vuelta.
Per
una logica legge di bilanciamento, dovrà però sacrificare
il periodo di agosto dove di solito è sempre brillante,
grazie alla forma che riesce a trovare dopo aver corso
il Tour de France.
Bisogna
però premettere che da quest'anno le classiche che si
svolgeranno in quel mese, senza più la COPPA DEL MONDO,
avranno sicuramente una valenza minore rispetto agli ultimi
anni.
Veniamo
allora ad analizzare il progetto PRO TOUR; sei favorevole?
Qual è il tuo punto di vista a proposito?
Sono
stato sempre favorevole a questo progetto. Credo che cambierà
molte cose nel ciclismo compresa la preparazione degli
atleti che saranno chiamati ad essere protagonisti per
periodi di tempo più lunghi rispetto a quanto siamo stati
abituati a vedere negli ultimi anni. Sono però un po'
perplesso perché non si è pensato a tutto quello che resta
fuori dal progetto, le squadre e le corse in particolare.
Tutte e due queste realtà dovrebbero muoversi in modo
complementare al PRO TOUR, ma al momento non vedo un piano
preciso. Le squadre di prima fascia possono avere delle
difficoltà a testare atleti giovani e validi, poiché gli
obiettivi primari possono rischiare di non dare la dovuta
attenzione a particolari progetti di maturazione e di
crescita per gli atleti più giovani. Diventerebbero così
importanti le cosiddette squadre minori che potrebbero
fungere da importante palestra e serbatoio. Se però non
c'è un progetto chiaro che possa accompagnare il cammino
di queste squadre, ecco che diventa difficile vivere,
recepire sponsor, svolgere una chiara e serena attività.
Anche gli organizzatori di gare ciclistiche che oggi vengono
classificate in fascia 1.1 avranno più difficoltà ad avere
ai nastri di partenza i campioni più blasonati e di conseguenza
anche in questo caso la presenza degli sponsor può essere
direttamente proporzionale a quella dei grandi nomi.
Puntando
invece l'attenzione sul prossimo Giro d'Italia, che cosa
pensi del percorso e quali saranno secondo Te gli avversari
più temibili della LAMPRE-CAFFITA?
Il
tracciato è molto bello e rispecchia la tradizione. Sarà
determinante come sempre l'ultima settimana. L'avversario
principale sarà sicuramente Ivan Basso, ma subito dietro
al varesino metto la coppia ben assortita della LIQUIGAS,
Garzelli e Cioni, gente dotata di esperienza ed in possesso
di doti di fondo. Garzelli che per ovvie ragioni conosco
molto bene, se saprà risparmiare quelle energie che di
solito spende nel mese di aprile, presentandosi protagonista
nelle brevi corse a tappe spagnole e nelle classiche delle
Ardenne e cercherà di amministrarsi con maggiore parsimonia,
sarà un avversario molto pericoloso. Quest'anno però al
Giro ci saranno anche compagini straniere di tutto riguardo
che sicuramente non verranno in Italia a subire la corsa.
Vorranno lasciare il segno e la gara sarà di per sé più
difficile da gestire. Anche la nostra squadra avrà un lavoro da svolgere non certo tra i più facili;
proprio per questo, ribadisco che la presenza di due capitani
potrà consentirci, con la logica dell'alternanza, di giocare
un po' di rimessa. Penso che la corsa rosa sarà quella
che più delle altre avrà guadagnato dai cambiamenti derivati
dal PRO-TOUR.
Come
vedi invece il prossimo Tour de France? Prenderà il via
secondo te, Lance Armstrong? Questo
non mi è dato saperlo. Una cosa è comunque certa. Se il
texano non sarà ai nastri di partenza, sarà una corsa
imprevedibile. A quel punto molti tra i protagonisti si
sentiranno in grado di avere le potenzialità per vincere
il Tour e la competizione si caricherà di un eccessivo
agonismo che rischierà di far impazzire noi Direttori
Sportivi. Sinceramente spero che Armstrong sia presente
perché così lui assumerebbe il ruolo di faro della corsa
e noi potremo starcene un po' più tranquilli ad attendere
gli eventi.
Che
cosa pensi potrà fare Popovych al Tour? Ho
esperienza di molti Tour dall'ammiraglia e devo dire che
ho sempre visto che un corridore che si avvicina alla
Grand Boucle per la prima volta, fa sempre molta fatica
a prendere le misure. Vivrà delle sensazioni in cui gli
sembrerà tutte le mattine di vivere la partenza di un
campionato del Mondo. È molto dura tenere di testa per
ventuno giorni, serve una calma micidiale. Tutto questo
come vale per Cunego, vale anche per Popovych, del quale
però stimo doti e potenzialità. La sua condotta di gara
ed il suo ruolo dipenderà comunque da quelle che saranno
le scelte di Armstrong.
E
di Evans, che cosa pensi?
Pensavo
meglio. Dopo che è andato via dall'Italia si è un po'
perso. Anche alla Vuelta lo scorso anno dava l'impressione
di essersi un po' adagiato e che avesse perso un po' di
mordente.
Tornando
a parlare della tua squadra, puoi chiarire i motivi dell'uscita
di scena del marchio SAECO?
Patron
Zappella, titolare della SAECO, ha venduto l'azienda ad
un Fondo di Investimento francese e la nuova società ha
deciso così, di punto in bianco, di abbandonare la sponsorizzazione
nel ciclismo e di orientarsi verso altre strategie di
marketing pubblicitario. Zappella è comunque rimasto all'interno
del nostro team con il marchio CAFFITA che è appunto una
sua azienda e che in futuro potrebbe assumersi in proprio
l'impegno di gestire le sorti sportive di Damiano e degli
altri atleti provenienti dal gruppo SAECO. Tengo tuttavia
a precisare che vedo un'ottima soluzione per tutti,
la fusione con la LAMPRE; i signori Galbusera sono ormai
da molti anni nel ciclismo ed hanno sempre investito molto
in questo sport. È un sodalizio molto importante che potrebbe
essere rinnovato e durare nel tempo.
Dopo
aver parlato di Cunego e Simoni, analizziamo la squadra
soffermandoci anche su altri atleti, incominciando proprio
dall'ultimo arrivato, Figueras.
Giuliano
è stato sicuramente un ottimo acquisto e già da questa
estate avevo segnalato il mio interesse nei suoi confronti
al team Manager Claudio Corti. Credo che insieme a Danilo
Di Luca si sarebbe potuto costruire una coppia formidabile
per le gare in linea. Poi a seguito dell'abbinamento non
è stato più possibile rinnovare il contratto a Danilo
ed a questo punto Giuliano rappresenta per noi un importante
punto di riferimento sul quale contiamo molto.
Che
cosa puoi dirci invece delle ruote veloci della LAMPRE-CAFFITA,
Bennati, Marzoli e Bonomi?
Premetto
che non rientra nei nostri piani affidarci ad un velocista
nel senso stretto del termine, le nostre strategie prevedono
altri obiettivi. Del resto, con corridori come Petacchi,
Cipollini e McEwen, in grado di monopolizzare la scena,
è giusto essere orientati su altri traguardi. Ritengo
che Bennati dovrà cercare di essere competitivo su certi
terreni tipo la Roubaix o il pavé del Belgio, corse nelle
quali acquisirà esperienza quest'anno, nella speranza
di essere protagonista in un prossimo futuro. Corridori
da indirizzarsi più sulle volate di gruppo saranno invece
Bonomi e Marzoli, ma per quanto riguarda quest'ultimo
bisogna ricordare che è poco più che ventenne e deve ancora
capire molto del modo di correre dei professionisti.
I
corridori alla ricerca di riscatto saranno invece Pieri,
Fuentes, Commesso e Petrov. Che cosa prevedi per questi
quattro atleti?
Se
devo essere sincero, per Pieri la vedo un po' dura. Viene
da una stagione negativa al massimo e considerando che
i suoi principali obiettivi sono le classiche del Nord,
stando anche dal suo comportamento in terra australiana,
appare troppo fuori condizione e difficilmente riuscirà
a riscattarsi. Anche per Commesso sarà una stagione difficile
e molto importante. Attendiamo tutti il suo riscatto e
quest'anno non potrà più rimandare. Ha avuto sempre alti
e bassi, ma nonostante tutto, voglio ancora crederci.
Fuentes è un corridore interessante, ma forse si era un
rilassato un po' troppo contando, su un ingaggio biennale.
Credo comunque in un rilancio e penso che riuscirà a far
bene ad a confermare quanto di buono era riuscito a fare
nella stagione 2003. Concludo con Petrov, dicendo che
è un ottimo corridore che deve però ancora riuscire a
capire e ad adattarsi al modo di correre in Italia. Nel
2003 correva in Spagna difendendo i colori della i.banesto.com
ed aveva esordito nel gruppo MAPEI GIOVANI. Quest'anno
correrà vicino ai capitani designati, sia il Giro che
il Tour. Penso che già alla corsa rosa avremo modo di
vedere un grande Petrov.
Sappiamo
che tu sei sempre molto vicino all'ambiente ciclistico
giovanile e molto spesso, nel poco tempo libero che hai
a disposizione, vai a vedere qualche corsa delle categorie
minori, alla ricerca di nuovi talenti. Ritieni che al
momento attuale ci sia una
crisi vocazionale?
Ragazzi
che hanno voglia di correre in bicicletta ci sono ancora.
Manca purtroppo la vocazione delle persone che gravitano
intorno al settore giovanile. Ci sarebbe bisogno di un
cambio generazionale, vedere gente più giovane che subentra
con lo stesso entusiasmo con il quale hanno operato sino
ad oggi quei tecnici ed addetti ai lavori, che nel frattempo
sono diventati vecchi. Purtroppo oggi, quando un corridore
abbandona l'attività agonistica, difficilmente cerca di
riciclarsi negli ambienti del ciclismo giovanile e troppo
spesso assistiamo a giovanissimi che in categoria juniores
se non addirittura allievi, decidono di smettere, non
appena si presenta la prima difficoltà. La vocazione è
sempre il primo atto di una complessa evoluzione. É proprio
in questa evoluzione che i giovani atleti hanno bisogno
di essere seguiti e non abbandonati a sé stessi, evitando
di disperdere un importante capitale sportivo. Ripercorrendo
la tua carriera di Direttore Sportivo, senza per questo
dimenticare i tuoi successi da corridore al Giro d'Italia
e la medaglia d'argento ottenuta nella prova su strada
alle Olimpiadi di Montreal, mettendo da parte il capitolo
Pantani, quali sono i tuoi ricordi più belli legati a
particolari esperienze vissute a fianco di campioni del
calibro di Fondriest, Chiappucci e Garzelli?
Partendo
cronologicamente da Fondriest, ricordo che Maurizio è
stato il primo campione che mi sono trovato a gestire
nelle vesti di direttore Sportivo. Ricordo il suo primo
successo conseguito in una tappa del Giro di Catalogna.
Ero presente soltanto io come D.S. dell'ALFA LOOM; quella
volta Franchini non era con me. Fu un successo che mi
regalò grandi sensazioni. Con Chiappucci, tra le tante
imprese che sapeva regalarci col suo modo imprevedibile
di correre, sicuramente il ricordo più bello è quello
legato alla Milano-San Remo del 1991. Quel giorno Claudio
corse alla sua maniera, contro ogni logica, all'insegna
dell'agonismo più spregiudicato. Tuttavia, l'attacco sulla
discesa del Turchino era stato studiato a tavolino ed
il cattivo tempo accentuò la selezione. Non a caso nella
fuga che prese piede in quel frangente, era presente anche
Guido Bontempi che avrebbe dovuto stare vicino a Claudio
nei tratti di Aurelia prima della Cipressa. Una strategia
di corsa per certi versi assurda e azzardata, ma tenuto
conto del modo di correre di Claudio, si rilevò azzeccatissima.
Concludo poi con l'esperienza vissuta al Gro del 2000,
con la vittoria di Stefano Garzelli. Quel successo, se
non si considerano le esperienze vissute a fianco di Pantani,
è stato sicuramente il successo più bello e gratificante
della mia carriera. Quel Giro partì da Roma ed avevo una
situazione in squadra un po' particolare. Marco era sempre
stato per noi il corridore più rappresentativo, ma la
sua condizione non era tra le migliori e per carburare
al meglio sarebbero servite diverse tappe. Garzelli da
parte sua, viveva la condizione di "rampollo"
emergente e per questo voleva ricoprire un ruolo da leader.
Non fu una situazione facile da gestire e quando Garzelli
riuscì, in virtù di una bellissima crono, ad acciuffare
la maglia rosa alla penultima tappa al Sestrière, ero
molto emozionato ed anche commosso.
Non
possiamo esimerci a questo punto, dal parlare di Marco.
Le ultime immagini in bici che abbiamo di questo grande
campione, ce lo fanno ricordare infreddolito e dolorante
dopo la caduta in discesa nella tappa con arrivo in Val
Varaita. Appena pochi giorni dopo, lo si vide all'attacco
a pochi chilometri dall'arrivo alle Cascate del Toce.
Si sono dette tante cose sul suo conto, ma sicuramente
un atleta in grado di sopportare il dolore ed in grado
di esibire una così strabiliante prova di orgoglio e reattività,
doveva per forza di cose essere un atleta lucidissimo,
con la testa che ragiona. Poi, dopo quel Giro, il vuoto.
Ti saresti immaginato un così triste epilogo della storia
umana di questo fantastico campione?
No,
sinceramente no. Ancora oggi quando penso a Marco si presenta
a me una situazione surreale dove non riesco ad individuare
la giusta dimensione del tempo. Pensare che oggi Marco
non c'è più, determina in me situazioni contrapposte:
o non riesco a crederci, a farmene una ancora una ragione,
oppure mi sembra che la sua triste vicenda si riferisca
ad un periodo remoto, risalente a cinquanta anni fa.
Questo
ragazzo ha fatto parte di me stesso, con lui ho vissuto
ed ho provato emozioni incredibili. Anche al Giro d'Italia
2003, nonostante lo conoscessi bene ed a fondo, riuscì
a stupirmi; senza quella caduta in discesa avrebbe potuto
anche raggiungere il podio della Classifica Generale.
Posso anche sbilanciarmi dicendo che senza quell'incidente,
più integro fisicamente e con un morale sicuramente in
crescita, Marco avrebbe potuto ottenere anche un importante
successo di tappa alle Cascate del Toce. Concordo nell'affermare
che quell'anno al Giro era molto lucido e carico di una
profonda voglia di riscatto. Io che ho vissuto molto spesso
al suo fianco, posso tranquillamente affermare che i suoi
grandi successi, Marco li ha conquistati principalmente
con la testa. Le sue pur preziose ed uniche gambe, influivano
soltanto al 20%.
A
questo punto concludiamo parlando della tua ultima fatica.
Sei stato tu l'organizzatore ed il promotore principale
dei recenti Campionati Italiani di ciclo-cross che si
sono svolti a Rovato (BS), dove tra l'altro, tu ricopri
la carica di Assessore allo Sport, all'interno della Giunta
Comunale.
A detta di molti, sembra sia stata una manifestazione organizzata molto bene e devo dire che era presente anche molto pubblico. I quindici giorni che hanno preceduto l'evento mi hanno impegnato moltissimo e devo dire che è stata per me un'impresa ardua, quella di calarmi nei panni dell'organizzatore. La ciliegina sulla torta è stata poi la vittoria di un uomo LAMPRE-CAFFITA, il giovane Enrico Franzoi. |
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