Le Interviste di ROBERTO SARDELLI Intervista a Dario Cioni |
07 gennaio 2005 Dopo aver contribuito nelle ultime due stagioni ai successi conseguiti dal team veneto, FASSA BORTOLO, ha deciso di cambiare squadra e di affrontare una nuova avventura con la maglia LIQUIGAS BIANCHI, ottenendo insieme a Garzelli il ruolo di capitano e leader al prossimo Giro d’Italia.
Dario, visto che l’intervista è rivolta ad un neo-laureato, prima di addentrarci in argomenti sportivi, parlaci di questo tuo importante successo conseguito di recente. Nel settembre 2004 ho conseguito la laurea “INTERNATIONAL BUSINESS” con specializzazione in “SPORT MANAGEMENT”, in quanto ottenuta all’EUROPEAN SCHOOL of ECONOMICS di Capezzano Pianore (LU) succursale della University of Nottingham Trent (Regno Unito).
Puoi dirci qualcosa riguardo al tuo legame con l’Inghilterra? Io sono nato in Inghilterra in quanto mia madre è inglese. Mio padre invece è di Montelupo Fiorentino (FI). Mi sono trasferito dall’Inghilterra che ero molto piccolo tanto è vero che tutti gli studi li ho poi fatti in Italia. Perchè allora questa laurea valida per l’Inghilterra? Perchè l’Istituto di cui ho accennato, trattasi di Università privata che mi ha permesso tramite una speciale Borsa di Studio di proseguire gli studi che per una serie di motivi non ero riuscito a fare nelle Università italiane. Dario, tu provieni dalla mountain bike. Come si è evoluto il tuo rapporto con la bicicletta? Nel 1992 ho cominciato a fare attività agonistica con la mountain bike, poi qualche anno più tardi e precisamente nel 2000, ho esordito su strada con il gruppo MAPEI.
I corridori che provengono dalla mountain bike, quando si dedicano al ciclismo su strada, nella maggior parte dei casi, dimostrano di essere dei corridori interessanti. Una casualità, o ritieni ci siano dei motivi particolari? Penso che per emergere nella mountain bike siano richieste delle doti particolari che nell’attività su strada si dimostrano poi importantissime. Un biker affermato è capace di sostenere degli sforzi prolungati per periodi superiori alla media; poi comunque, al momento del passaggio, ci sono da imparare ancora molte cose. Puoi fare i nomi degli attuali corridori professionisti che provengono dallamountain bike? Evans e Martinez debuttarono con me alla MAPEI, altri atleti sono Rasmussen, Botero e Landis. Che cosa ti ha spinto a provare anche l’agonismo su strada? Anche se sei un biker, consideri il mondo del ciclismo professionistico su strada come una realtà superiore e lo guardi sempre dal basso verso l’alto; inevitabilmente coltivi l’ambizione di provare quanto prima a cimentarti in quel contesto, anche per progredire professionalmente. Nel 2000 la MAPEI partì con il “Progetto Giovani”, dove ebbi la fortuna di essere inserito anch’io, anche se avevo 26 anni e non è che fossi proprio giovanissimo. Penso comunque di mantenere ancora tanti tifosi dal mondo del “fuori-strada”.
L’attività che svolgevi in questa disciplina, era limitata all’Italia? Essendo un contesto a livello internazionale, svolgevo gare in Italia, ma anche tutte le prove di Coppa del Mondo ed anche il Mondiale. Forse incominciasti nel 2002 a metterti in particolare evidenza. Eri gregario di Bettini e Garzelli e ti facesti notare per l’ottimo lavoro che sapevi svolgere ed anche per le spiccate doti di corridore di fondo. Poi al Giro, nella cronometro individuale di Numana, ottenesti un brillantissimo settimo posto. Sì, tra l’altro era un percorso molto difficile. Comunque ero d’accordo anch’io di svolgere le funzioni di gregario in quanto per me rappresentava l’opportunità di fare un certo tipo di corsa e di imparare il mestiere. Credo invece che se avessi cercato di fare la punta da subito, avrei rischiato di rimanere nascosto. Per essere lì, fianco a fianco con il capitano in testa a tirare, bisognava averne di energie. Sì, infatti in seno alla MAPEI devo dire che godevo di molta considerazione. Non ero il primo gregario che entrava subito in azione, ma quello sul quale si contava proprio nelle fasi finali. Ricordo che dopo il mio lavoro entrava in azione Noè, che era appunto l’ultimo gregario.
Nel 2002 la MAPEI esce dal ciclismo e tu entri a far parte del gruppo FASSA BORTOLO. Nello stesso periodo esplode “Superjet” Petacchi ed il tuo lavoro, oltre ovviamente a quello di altri validissimi gregari, è determinante nel preparare le volate vincenti di Alessandro. Poi quest’anno al Giro, ce l’hai fatta anche a curare la Classifica Generale, ottenendo un ottimo quarto posto. Io avevo già fatto bene al Giro di Romandia dove mi ero piazzato quinto; si tratta di una competizione molto ambita e prestigiosa che quest’anno farà parte del PRO-TOUR. Devo dire che al Giro, pur aiutando Alessandro, sono stato più salvaguardato rispetto all’anno precedente. Il rimpianto che posso avere riguarda magari la tappa di Spoleto, dove ero in fuga e mi fecero rialzare. Era un’attacco che poteva andare in porto, ma gli ordini dell’ammiraglia prevedevano che svolgessi la funzione di stopper. Forse se avessi collaborato un po’, la fuga avrebbe avuto successo ed io avrei indossato la maglia rosa; il mio Giro a quel punto sarebbe stato del tutto diverso. Ovviamente comprendo che sono comunque dei ragionamenti fatti con il senno di poi.
Comunque hai finito il Giro d’Italia in crescendo. In particolare sei stato protagonista nella tappa di Bormio 2000, quella in cui Simoni riservò per Cunego parole molto pesanti. Tu che hai vissuto le fasi finali della corsa, quali sono state le tue impressioni a proposito? Sicuramente Cunego ha dimostrato al Giro e nel corso della stagione di possedere numeri veramente impressionanti. Avevo qualche dubbio riguardo alla sua tenuta nella terza settimana, ma invece è stato eccezionale. Parlando più in particolare di quella tappa, devo dire che impostai la volata su Simoni. Damiano aveva già vinto diverse tappe ed aveva già il Giro d’Italia in pugno, per cui pensai tirasse la volata a Gilberto. Certe valutazioni poi, si fanno forse meglio dal di fuori in quanto una volta impostata la volata pensi solo a spingere.
A mente fredda, credi che se invece tu avessi impostato la volata su Cunego, avresti potuto ottenere un risultato diverso? Non credo, io non sono molto veloce e penso che il secondo posto conseguito era il massimo che potessi ottenere in quel contesto di avversari. Subito dopo la corsa rosa, sei stato subito protagonista al Giro di Svizzera, dove hai ottenuto un brillantissimo terzo posto. Alla partenza della corsa elvetica eri consapevole della tua ottima condizione? Sì, avevo finito il Giro in crescendo. Credo che nelle ultime tappe,a parte Cunego, sia stato uno dei maggiori protagonisti. Nell’ascesa a Bormio 2000 ero andato io a prendere Simoni; sulla Presolana, se non ci fosse stata la fuga dei tre, probabilmente avrei vinto la tappa. Quel giorno ero rientrato in discesa sui migliori perchè mi ero staccato a causa di foratura; in fondo alla salita ho attaccato e soltanto Cunego è rimasto alla mia ruota. Comunque è bene ricordare che in quei due giorni sono risalito dall’ottavo al quarto posto della Classifica Generale; ritengo sia stata una performance piuttosto rilevante. Prima di concederti un meritato riposo, hai ottenuto anche il titolo di Campione italiano a cronometro. A questo punto è innegabile: un corridore con doti di fondo che sa difendersi in salita e bravo nelle prove contro il tempo, è atleta da gare a tappe. Sì, del resto già al debutto in MAPEI avevano capito la mia predisposizione per le gare a tappe e già al primo anno, a parte i mesi iniziali dove avevo bisogno di imparare a correre, nel finale di stagione, fu deciso di farmi fare la Vuelta. Poi nell’anno successivo fu appunto rafforzata la convinzione di cercare di sviluppare le mie doti per i grandi Giri.
Tutto questo è proseguito anche con la FASSA BORTOLO? C’è stata forse un po’ meno attenzione allo sviluppo del corridore, però credo che nel frattempo ho avuto un’ importante crescita fisiologica ed anche loro si accorti che nelle corse a tappe rendevo meglio. Infatti, se si guarda quella che è stata la mia attività negli ultimi due anni, si vede che è stata quasi esclusivamente riservata per quel tipo di gare. Parlando del 2004 non possiamo dimenticare l’equivoco che ti ha costretto a saltare l’appuntamento iridato di Verona. Secondo te non c’erano i presupposti affinchè i tempi burocratici fossero più veloci, proprio per evitarti una simile inopportuna penalizzazione, in attesa del chiarimento? Il grosso problema è stato causato in origine nel 1999 quando la Federazione Ciclistica Italiana rifiutò una mia precisa richiesta di certificazione. Negli anni successivi ho sempre rinnovato la domanda, ma essendo richiesta la costanza dei valori di ematocrito oltre 50 ed avendo io episodi sporadici oltre quel limite, ma non la costanza, la mia domanda veniva puntualmente rifiutata. Del resto i miei valori erano “bord on line” e mai oltre, ed in questo contesto non puoi chiedere il procedimento. Purtroppo quando ho superato i valori è stato proprio in occasione del Mondiale di Verona. Da questa vicenda ne sei uscito completamente scagionato da qualsiasi colpa o responsabilità. Puoi spiegare nei dettagli, i motivi di questa tua completa assoluzione? Dopo il Campionato del Mondo sono stato a Losanna ed ho fornito all’U.C.I. una serie di dati riguardanti gli esami storici passati; degli esami fatti appositamente per dimostrare il mio alto tasso di ematocrito, correlato da analisi di altri familiari, nelle quali si palesava che anche mio fratello ha dei valori alti. Infine per concludere, mi sono sottoposto ad ulteriori esami specifici. Al termine di fine di tutto questo, è stato appurato che i miei valori sono del tutto naturali ed assolutamente non imputabili a cause artificiose. A questo punto riepiloghiamo cronologicamente gli eventi: il Mondiale a Verona si corse domenica 3 Ottobre 2004. Quando ti fu comunicata la notizia che ti era stato rilevato un tasso di ematocrito oltre 50? Tre giorni prima, giovedì 30 settembre. Quando è arrivato invece il chiarimento dell’U.C.I. ed il definitivo proscioglimento da ogni responsabilità? Il 15 ottobre, alla vigilia del giro di Lombardia. L’iter è stato abbastanza veloce perchè i dati erano abbastanza chiari ed Losanna conoscevano già abbastanza la mia situazione, anche se non era mai stata chiarita in modo definitivo. Adesso che tutto è finalmente chiaro, hai dunque dei valori personalizzati alla tua particolare situazione fisiologica? Sì adesso ho un mio limite personale. Senza fare dei nomi, sei a conoscenza che altri atleti abbiano valori anomali rispetto alla norma? Sì, non molti, ma sono comunque a conoscenza di circa una decina di altri casi simili al mio.
Tornado a parlare della scorsa stagione, quando hai deciso di svincolarti dalla FASSA BORTOLO? La scelta è maturata tra il Giro della Svizzera e la fine del Tour. Come mia abitudine mi piace sempre sistemarmi abbastanza presto sfruttando la vetrina che offre il Giro d’Italia. La stessa cosa accadde due anni prima dopo lo scioglimento del team MAPEI, quando firmai con la FASSA proprio durante il Tour. C’era l’opportunità di rinnovare il contratto con la FASSA? Sì, avevo questa possibilità ed anche Ferretti avrebbe gradito la mia riconferma. Il problema che mi si poneva era però che io cercavo comunque un contratto per due anni, mentre il team trevigiano non poteva garantirmi un contratto superiore ad un anno. Che cosa intendi quando dici :-“Non mi potevano garantire”? Voglio dire che pur offrendomi un contratto di validità due anni, questo assumeva validità solo nel caso la FASSA avesse rinnovato la sponsorizzazione anche per il 2006. Considerato che certamente avrai avuto anche altre opzioni, che cos’è che ha fatto pendere la bilancia nei confronti della LIQUIGAS? La LIQUIGAS ha deciso di ritornare nel ciclismo con una squadra in proprio, soltanto dopo l’ufficializzazione del PRO TOUR. Io stesso tenevo a fare attività agonistica in questo contesto ed una clausola del contratto prevedeva infatti la validità dello stesso, soltanto a questa condizione. Nonostante il fatto tu sia orientato ad essere protagonista nella prossima stagione nelle grandi gare a tappe, non ti crea qualche perplessità sapere che il tuo ruolo di leader in quel contesto dovrà comunque essere ripartito anche con atleti quali Garzelli e Pellizzotti? No, perchè con Garzelli ho sempre continuato ad avere un ottimo rapporto dopo l’esperienza insieme in maglia MAPEI. Io sono stato il primo in assoluto a firmare il contratto ma subito dopo è arrivata anche la firma di Stefano. È chiaro che una squadra così ambiziosa non poteva fermarsi a soli due nomi per i grandi giri e così è arrivato anche Pellizzotti. Poi con altre ambizioni, mirate soprattutto verso traguardi per le gare di un giorno, si deve ricordare Backsted che era già inserito nell’organico quasi da subito e poi in successione sono arrivati anche Di Luca e Cipollini.
Considerata la presenza del velocista lucchese, pensi che dovrai talvolta metterti anche a sua disposizione a preparare le volate così come facevi per Petacchi? Se ci sarà bisogno di aiutare Mario, non avrò problemi a mettermi a sua disposizione. Svolgeremo comunque due programmi ben distinti e penso che la prima gara nella quale ci troveremo a correre insieme sarà o il Giro di Romandia o addirittura il Giro d’Italia. Premettendo comunque la mia disponibilità, la posizione ufficiale della squadra prevede che al Giro partiremo io e Garzelli come capitani, con l’obiettivo primario della Classifica Generale.
Pensi che da un punto di vista strategico sia positivo partire con due capitani per una corsa come il Giro d’Italia? Certamente. L’importante è essere chiari fra di noi e considerato il rapporto di amicizia e di stima reciproca che ci lega, penso sia sicuramente meglio essere in due che in uno soltanto. Quando avverrà il tuo debutto nella prossima stagione? Con le novità che sembrano intervenute nelle corse del Sud, penso dovrebbe comunque avvenire al Giro della Provincia di Reggio Calabria e poi vedremo nei giorni immediatamente successivi, dopodiché dovrebbero esserci in sequenza Settimana Catalana, Paesi Baschi, Trentino, Romandia e Giro d’Italia. Non ti vedremo alle Classiche delle Ardenne? No, il mio programma prevede anche il Tour de France e l’idea è di andare forte al Giro ma di uscire con un serbatoio ancora pieno. La Liegi è sicuramente una bellissima corsa però da un punto di vista energetico comporta un notevole dispendio di energie e rischi di uscirne abbastanza vuoto. Essendo poi a ridosso del Romandia, io ho bisogno di correre la corsa elevetica con una buona condizione per rifinire la preparazione per il Giro.
Nella prossima stagione, molti corridori chiamati ad essere protagonisti nelle gradi gare a tappe, prevedono di correre con chiare ambizioni sia il Giro che il Tour. Eppure in epoche non troppo lontane, simili concetti venivano etichettati come banali idiozie. Pensi che questa revisione sia solo la conseguenza del PRO TOUR? Personalmente ritengo che Giro e Tour nel medesimo anno sia un’avventura molto, molto difficile. È un progetto che io proverò a fare ma siamo consapevoli tanto io che i tecnici che non sarà tanto facile essere competitivi in tutte e due le occasioni. Nel caso mio c’è stata una esplicita richiesta da parte della squadra e personalmente sono ben felice di provare perchè rappresenta comunque una sfida interessante. Riepiloghiamo dunque: al Giro tu e Garzelli, al Tour ti presenterai invece con Pellizzotti? Sì, Garzelli dovrebbe invece ritornare alla Vuelta. Al Tour sarai capitano alla pari con Pellizzotti? Vedremo, il mio cammino è molto insidioso; bisognerà vedere come esco dal Giro e sarà importante gestire bene il periodo tra Giro e Tour. È per questo motivo che proverò a partire più tardi con le corse e fare qualche giornata in meno di gara. Sarà questo il primo anno nel quale non farò nè Tirreno-Adriatico nè Parigi-Nizza.
È previsto qualche stage prossimamente con il nuovo team? Sì,
intorno alla metà di gennaio a Donoratico (LI). |
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