Le Interviste di ROBERTO SARDELLI

 Intervista a Damiano Cunego

Nell’anno del triste evento della morte del “Pirata” Marco Pantani, il ciclismo scopre il suo “enfant prodige” in Damiano Cunego, accomunato al fuoriclasse romagnolo, dal medesimo mentore, il tecnico bresciano Giuseppe Martinelli.

Il campioncino di Cerro Veronese dai toni garbati e dalla cordialità innata, tanto da meritarsi l’appellativo di “Piccolo Principe”,  chiude la stagione al primo posto della classifica UCI ed alla giovane età di 23 anni appena compiuti, è atteso ad una riconferma che lo lancerebbe di diritto tra i grandi del ciclismo.

Damiano, in questo anno hai ottenuto un palmarès eccezionale: 14 vittorie, tra le quali spiccano su tutte il Giro d’Italia ed il Giro di Lombardia. Hai infine chiuso, ciliegina sulla torta, al primo posto della Ranking U.C.I.

Ti aspettavi queste performances?

Ero atteso ad una stagione di svolta ed in fase di evoluzione dello stato di forma, ho ottenuto vittorie abbastanza importanti che mi hanno dato morale.

Al “Giro d’Italia” mi ero presentato per fare esperienza; il Capitano della “SAECO” avrebbe dovuto essere Simoni, ma fortuna ha voluto che mi sono trovato a raccogliere una vittoria che se me la avessero proposta alla vigilia, ci avrei fatto sopra cento firme; è stata veramente una piacevolissima sorpresa!

Poi dopo il Giro d’Italia ho preso consapevolezza nel fatto che avrei potuto ancora vincere ed allora ho pensato di concentrarmi sul finale di stagione. Ho così preventivato la partecipazione alla Vuelta quale preparazione che mi consentisse di correre sia il Mondiale che il Giro di Lombardia da protagonista. Visto come sono andate le cose direi che tutto sommato la preparazione ha dato i suoi frutti.

Sicuramente! Proprio restando in tema e soffermandoci sulla tua vittoria al Giro di Lombardia, dobbiamo dire che hai fatto vivere emozioni splendide. Hai attaccato in salita, sui falsipiani ed anche in discesa. Hai pagato un po’ in prossimità del traguardo sul Colle San Fermo, ma sei stato bravissimo a rientrare in discesa ed a battere allo sprint i tuoi compagni di fuga. Condividi?

Credo anch’io! In quella occasione non si è badato troppo alle tattiche ma principalmente alle forze fisiche. Forse rispetto a Basso ho speso un po’ di più; del resto quel giorno era lui che andava più forte di tutti. Ho corso rischiando di perdere, ma per fortuna mi è andata bene!

Con tutti quegli attacchi ho creato un’opportuna selezione che mi ha tolto dalle ruote molti pericolosi avversari e credo anche di essermi saputo amministrare nel finale usando un po’ di tattica e centellinando le forze che mi erano rimaste. Basso invece, consapevole forse di essere battuto allo sprint, ha dovuto dare il massimo sull’ultimo Colle, spendendo inevitabilmente molte energie.

Prima dei tuoi successi di quest’anno si era sempre parlato di Cunego “scalatore” senza che nessuno si soffermasse più di tanto sulle tue doti di “velocista”. Quando però dopo il Giro del Trentino ti abbiamo visto sfrecciare vittorioso sia a Larciano nel G.P. INDUSTRIA E ARTIGIANATO, che a Pontremoli nella seconda tappa del Giro d’Italia, battendo allo sprint un nutrito gruppo di corridori, ecco che qualcuno ha voluto addirittura accostarti a Saronni. Eri consapevole di questo tuo spunto veloce?

Sì, ne ero consapevole da parecchio tempo! Ovviamente, se riuscivo a fare selezione sulle salite, preferivo a scanso di spiacevoli sorprese, arrivare da solo al traguardo. Mi ricordo però che già da juniores ho vinto parecchie corse allo sprint. Questa caratteristica ho cercato di mantenerla anche nei due anni da dilettante e fortunatamente mi sta tornando utile anche adesso da professionista.

È una dote che ho sempre curato, mi alleno tuttora anche per coltivare e mantenere questa caratteristica. Del resto è una importante opportunità che può consentirti di vincere molte corse. Un atleta che non è veloce, arriva sempre lì con i primi, ma magari secondo o terzo nell’ordine d’arrivo. Lo spunto veloce ti consente invece di fare la differenza molto spesso. È ovvio che cercherò di approfittare di questa prerogativa anche in futuro. È un’opportunità che bisogna saper gestire al meglio.

Rievocando il tuo successo al Giro d’Italia, credo sia esatto affermare che la tappa di Falzes sia stata indubbiamente la chiave del “Giro”.Sino a quel momento l’avversario più pericoloso sembrava essere Popovych, ma sulla salita del Furcia, rispondendo anche a precise tattiche di squadra, te ne sei andato da solo.

Aldilà però di azzeccati calcoli strategici, resta il fatto che tu hai fatto un numero a dir poco eccezionale. Eri consapevole di questa tua strabiliante condizione?

Sì, avevo già fatto due ottime settimane al “Giro” ed ovviamente anch’io mi chiedevo se fossi stato in grado di tenere anche nell’ultima fatidica settimana. Me ne stavo comunque tranquillo ed appena si è presentata l’occasione con una grande salita, ho attaccato deciso, senza ripensamenti. Ci poteva essere il timore che con quell’attacco potessi saltare, ma invece credo di aver dimostrato di possedere buoni doti di recupero che nell’ultima fase del “Giro” sono puntualmente emerse. Comunque quel giorno sul Furcia ho avuto anche un po’ di fortuna e sicuramente la squadra è stata determinante. Non bisogna dimenticare infatti che due miei compagni Mazzoleni e Tonti erano più avanti in fuga e sapevo benissimo che mi avrebbero aspettato per darmi  una mano ad insistere a fondo nell’offensiva. In quella tappa era previsto di attaccare sia io che Simoni, però Gilberto era più controllato di me e quando ho attaccato io, gli avversari hanno avuto un po’ di titubanza e Popovych, che tra l’altro quel giorno vestiva la maglia rosa, era forse un po’ “al gancio”, tanto è vero che all’arrivo è arrivato con un ritardo di 3 minuti e 50 secondi.

Grazie a queste circostanze ho così potuto avere via libera anche se certamente per proporre quei “numeri” bisogna avere le gambe. Sintetizziamo quindi che in quella circostanza, complice anche la fortuna ed una buona condizione, è venuta fuori un’ottima corsa. Del resto anche la fortuna è determinante in tante occasioni.

Più che di fortuna parlerei invece di un’ottima strategia di squadra: Tonti e Mazzoleni, non credo fossero in fuga per caso!   

Sì, certamente! La strategia di corsa rispondeva ad una tattica studiata precedentemente. Bisogna riconoscere dei grossi meriti a chi ci segue: è stato infatti Giuseppe Martinelli a suggerirci quel piano d’attacco. Del resto non si scopre nulla di nuovo: il ruolo del Direttore Sportivo, di colui che ti segue dall’ammiraglia, è prezioso e fondamentale.

Tu sei molto legato a Martinelli, è palese la perfetta simbiosi che c’è tra voi due.

Sicuramente! Giuseppe mi seguiva già da juniores, qualche volta veniva a vedere come mi comportavo in corsa e siamo sempre stati in contatto durante la mia attività giovanile. Mi ha sempre tenuto sereno garantendomi il sicuro passaggio tra i professionisti, e proprio con lui sono stati pianificati due anni tranquilli da dilettante, evitando che in questa categoria dove si tende a “spremere” un po’ di più gli atleti, potessi spendere più di quanto effettivamente servisse. Poi come previsto, mi ha fatto fare il salto in una prestigiosa squadra professionistica.

Da dilettante avevi già avuto modo di confrontarti con Popovych?

Sì, parecchie volte, anche se però ad esser sinceri, Yaroslav in quella categoria era troppo più forte di me. Correva in una grande squadra, mentre io avevo da poco finito la scuola e non facevo appieno la vita da “professionista” come lui. Ero qualche “chiletto” in più e mancavo di tattica. Poi però con il tempo sono venuto fuori anch’io e le mie quattro corse nella categoria dilettanti le ho vinte.  

Restando in argomento di gare a tappe, tenendo conto anche del cambio generazionale che sta attraversando l’intero movimento ciclistico, pensi che per i prossimi anni Popovych rappresenterà per te l’avversario più ostico in questo tipo di gare?

Senz’altro! Ma non posso certo trascurare Valverde che ha appena un anno più di me e quindi è molto giovane, oltre ovviamente ad Ivan Basso. Saranno sicuramente questi i nomi dei protagonisti  principali per i prossimi anni tanto al Giro che al Tour. Sicuramente poi salterà fuori qualche altro giovane interessante, per cui gli antagonisti non mancheranno.

Tu quest’anno hai seguito il Tour de France?

Sì!

Armstrong l’ha vinto in una maniera ancora più netta rispetto al 2003. Tuttavia molti tecnici ed appassionati hanno fatto il tuo nome riguardo all’avversario che più di tutti poteva impensierire il texano. Personalmente come pensi che avresti potuto comportarti nel Tour di quest’anno?

Ovviamente dopo aver corso il “Giro” ai massimi livelli, dovevo anche recuperare le fatiche spese e quindi credo che non avrei potuto correre il “Tour” con la stessa condizone che avevo al “Giro”. Credo comunque che potevo restare al fianco del fuoriclasse statunitense negli arrivi in salita e magari su certi traguardi confrontarmi con lui allo sprint. Però Armstrong ha una superiorità schiacciante a cronometro e credo che questo gli consenta di gestire sulle salite tutti quei minuti guadagnati nelle prove contro il tempo. Fino a quando Armstrong potrà presentarsi al “Tour” esprimendosi ai livelli con i quali si è sinora espresso, sarà molto dura batterlo.

Se dovessi essere al Tour anche il prossimo anno, da parte mia andrò con la solita calma, senza lasciarmi condizionare dalle pressioni che graveranno su di me. È ovvio che tutti mi chiederanno di vincere il “Tour” ma per me sarà importante fare esperienza e crescere bene in modo graduale. L’importante sarà appunto avere una crescita progressiva di anno in anno, con l’obiettivo di raccogliere un giorno il risultato pieno.

A quanto affermi dunque, sembra sia molto probabile vederti al “Tour” già dal prossimo anno?

Penso di sì, per quanto mi riguarda sto pianificando di fare il “Giro”, magari ancora da protagonista,  e di essere alla partenza anche al “Tour”, con l’obiettivo di fare esperienza e , prendere visione di come vadano sia Armstrong che tutti gli altri principali avversari.

Inoltre sarà molto importante testarmi nei percorsi più impegnativi e nelle prove a cronometro.

Il Giro d’Italia sta ritardando nella sua presentazione, si parla addirittura di uno slittamento a gennaio.

L’ho sentita anch’io questa notizia! Comunque penso che non si discosterà da quello proposto negli ultimi anni. Il Giro d’Italia offre sempre le sue belle tappe in salita, le cronometro, e non trascura certo i velocisti. Offre sempre percorsi ottimali e variegati. Se poi dovessi scegliere, spero ovviamente che sia ancora più duro di quello dello scorso anno.

Al momento comunque non ci resta che attendere e vedere quello che avranno disegnato.

La tua analisi è indubbiamente giusta. Del resto negli ultimi anni il “Giro” è stato spesso appannaggio di atleti “scalatori”, contrariamente al Tour nel quale fatta eccezione dell’Edizione 1998 vinta da Pantani, ha sempre espresso corridori completi, più che degni vincitori, ma sicuramente campioni che hanno principalmente costruito le loro affermazioni nelle prove a cronometro. Ti spaventa questa statistica?

Diciamo che il “Tour” ha sempre cercato di privilegiare gli ultimi vincitori e di ingrossare gli albi d’oro con i loro nomi. Così è stato per Indurain prima e per Armstrong dopo. I percorsi abbondavano sempre di chilometri a cronometro. C’è solo da sperare che la filosofia degli “architetti” del Tour cambi un po’ nei prossimi anni e si possano avere in futuro “Tour” più fantasiosi nei quali si tenga conto anche di corridori con le mie caratteristiche.

Stando alla cartina, il Tour del prossimo anno sembra però proporre meno chilometri di prove contro il tempo!

C’è però pur sempre la cronosquadre ed altre due prove a cronometro! Ribadisco comunque che andrò là soprattutto per fare esperienza, per cui il percorso va bene uguale!

Fino ad ora si è parlato principalmente di Gare a Tappe; non si può però dimenticare che proprio con la vittoria del Giro di Lombardia hai dimostrato, qualora ce ne fosse stato bisogno, di possedere ottime caratteristiche anche per le prove in linea.

È lecito dunque attendersi Cunego all’attacco sulla Cipressa o sul Poggio, o magari sulle “côtes” nelle Ardenne?

Penso che sarà molto difficile che io corra la “Milano-San Remo”! Credo che ricalcherò quasi del tutto il programma di quest’anno per arrivare ad essere abbastanza competitivo a fine aprile con l’approssimarsi della partenza del “Giro”. Del resto la mia stagione arriverà sino ad ottobre e sarà opportuno programmarsi al meglio e partire con calma.

Quindi ti defili dai ruoli di protagonista anche per le prove sulla carta a te più adatte, quali la Liegi-Bastogne-Liegi e Freccia-Vallone? Che Cunego dovremo aspettarci sulle Ardenne?

Se tutto procederà al meglio non dico che sarò un protagonista assoluto, ma sicuramente un atleta che va gradatamente crescendo in vista degli appuntamenti più importanti, che in quel periodo saranno già alle porte.  

Quest’anno dopo la vittoria al Giro d’Italia, hai vinto il “CRITERIUM MARCO PANTANI” dopodiché ti sei concesso una pausa agonistica di circa un mese. Al tuo rientro hai palesato un’ottima condizione già al “BRIXIA TOUR”, hai dimostrando notevoli progressi nel “G.P. CAMAIORE” ed hai poi ottenuto il successo pieno a Castelfidardo, nella prima prova della “DUE GIORNI MARCHIGIANA”.

Fatte queste premesse, considerato che dopo pochi giorni si sarebbe svolta la prova Olimpica ad Atene, non rimpiangi la tua mancata convocazione?

Il “BRIXIA TOUR” ed il  G.P. CAMAIORE hanno rappresentato per me le gare del “rientro” e per quanto concerne Castelfidardo, posso assicurare che quel giorno ho fatto tanta fatica! Può darsi che alla televisione, nelle fasi agonistiche dimostrassi anche una certa facilità di pedalata, ma posso garantire che all’arrivo ero veramente molto stanco.

Del resto i miei programmi erano un po’ più differiti nel tempo ed era quindi giusto che ad Atene andasse Bettini nelle vesti di capitano unico.

Non credo nemmeno che fosse un percorso troppo adatto alle mie caratteristiche, perlomeno a quanto mi era sempre stato riferito ed a quanto ho potuto constatare io stesso dalle immagini televisive.

Comunque, l’oro di Bettini sta a dimostrare che le scelte di Ballerini sono state giuste ed opportune.

Credo però che un’analisi a parte la meriti il Mondiale di Verona.

Dopo le vicissitudini di Bettini, vi siete presentati a giocarvi lo sprint in diciassette corridori di cui tre italiani: tu, Paolini e Basso. Considerato la filosofia del C.T. che prevedeva una nazionale piuttosto “gerarchizzata” intorno al nome di Bettini , ma nella quale si teneva comunque conto del tuo prestigio e delle tue qualità, non era giusto privilegiarti per la volata finale considerando anche il tuo ottimo spunto veloce?

Questo è vero! Bisogna però dire che una volta uscito di scena Bettini, non si sapeva più che cosa fare e come muoversi. Sul tratto in salita l’andatura era di 35 chilometri orari e sono riusciti a stare con i migliori tanto Zabel che Hondo, il quale avrebbe svolto per lui la funzione di gregario. Freire andava effettivamente più forte di tutti. Però nel finale avrei potuto farlo io lo sprint, mi sarebbe però servito un compagno per darmi lo slancio e portarmi fuori ai 400 metri in modo da prendere la volata un po’ più avanti.

Così però non è stato!

Non credo che avrei vinto perchè Freire era in grande giornata, però credo che con qualche aiuto avrei potuto giocare meglio le mie carte.

Ho comunque vissuto una grandissima giornata, proprio nella mia città! Grande tifo da parte dei miei sostenitori e proprio dopo l’arrivo del “Mondiale” ho incominciato a credere davvero in una eventuale affermazione nel “Giro di Lombardia”. Se quel giorno ero riuscito a stare sulle ruote dei migliori al mondo, ho pensato che il sabato successivo con un percorso più duro avrei potuto azzeccare il risultato pieno. I fatti mi hanno poi dato ragione!

Si è parlato in precedenza del Tuo ottimo rapporto con Martinelli. La presenza del tecnico bresciano è un’analogia che ti lega al nome di Pantani. Che sensazione provi nel pensare che molti tifosi del “Pirata” vedono in Cunego l’eroe positivo che possa emulare le gesta del loro idolo?

È una cosa che mi fa enormemente piacere. Spero solo di non tradire le attese. Quello che ho fatto vedere quest’anno dovrò inevitabilmente confermarlo anche nei prossimi anni.


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