Le Interviste di ROBERTO SARDELLI Intervista a Emanuele Sella |
Se nella stagione ciclistica 2004 si sono confermati atleti come Lance Armstrong , Paolo Bettini ed Oscar Freire, per citare i nomi più blasonati, non possiamo certo dimenticare che corridori quali Cunego e Valverde, stanno avviando un importante processo di svolta generazionale in seno al movimento ciclistico. Questo cambiamento è in piena evoluzione,
e sicuramente sarà arricchito da altri nomi, destinati a rappresentare
quella che sarà l’élite del ciclismo professionistico dei
prossimi anni. Non
possiamo allora dimenticare chi, come Emanuele Sella,
è atteso ad una importante stagione che possa confermare e
magari avvalorare quanto di bello è già riuscito ad esprimere
nel corso del corrente anno. La CERAMICHE PANARIA-NAVIGARE, come dovrebbe chiamarsi nella prossima stagione il team diretto da padre e figlio Reverberi, punta decisamente all’atleta vicentino relegandolo al ruolo di Capitano unico per il prossimo Giro d’Italia, con chiare ambizioni di classifica. Emanuele, sei soddisfatto del rendimento e dei risultati conseguiti nel corso della stagione 2004? Certamente! Tenendo conto che ero al debutto, il fatto
di aver portato a casa due importanti successi, mi lascia
sicuramente soddisfatto ed anche molto fiducioso e motivato
per il futuro. Due gran bei successi, conseguiti seguendo sempre l’indole di attaccante indomito che contraddistingue sempre il tuo modo di correre. Parlacene un po’! La
prima riguarda l’arrivo a Cesena, nell’undicesima frazione
del Giro d’Italia. Una vittoria bella quanto inaspettata. Molti sognano di vincere una tappa al Giro dopo anni
di carriera ed a volte non ci riescono nemmeno. Per me, riuscire a vincere subito al primo anno, è
stato semplicemente straordinario. Del resto, non
è che ci fossero state tante occasioni per corridori con le
mie caratteristiche. Se si tolgono le tappe per i velocisti, dove andarsene
è pressoché impossibile, ed anche quelle dolomitiche, dove
gli uomini di alta classifica vogliono farla da padroni, le
occasioni disponibili sono veramente molto poche. La tappa di Cesena, con i suoi dislivelli era certamente
quella che poteva essere aperta a più corridori. Fortunatamente l’ho centrata io! Quel giorno Emanuele, pur contravvenendo a tutti i pareri dei tecnici e degli opinionisti, hai fatto sicuramente un grande numero. Personalmente, da un punto di vista agonistico, lo reputo dello stesso livello a quello che pochi giorni dopo esibì Cunego sul Furcia. Penso anch’io. Ci
furono delle evoluzioni che contribuirono a tenere incollati
gli appassionati davanti agli schermi televisivi. Io ero davanti da solo, dietro erano rimasti in pochi
ad inseguire. In mezzo c’era un’altra fuga che però non riusciva
a guadagnare ed addirittura in certe fasi perdeva qualcosa
nei miei confronti. Le fitte salite contribuivano a sgranare
il gruppo. Questo clima di incertezza, in costante evoluzione,
ha tenuto la suspense
sino alla fine, a tutto vantaggio dello spettacolo. Credo che si dovrebbe insistere su questi percorsi; non sempre i cinque colli garantiscono la spettacolarità. Talvolta la paura di “saltare” induce i corridori a risparmiarsi e ad aspettare soltanto l’ultima asperità. Sono d’accordo! Con l’intensificarsi degli arrivi per velocisti, è sempre più difficile per i corridori andare in fuga. Figuriamoci poi a portarla a termine! Si dovrebbe invece favorire i percorsi nervosi e vallonati
che possano far sbizzarrire la fantasia. Ovvio che le tappe di montagna hanno il suo fascino,
ma tappe come quelle di Cesena possono talvolta creare delle
situazioni importanti anche da un punto di vista di Classifica
Generale. Nel Giro 2003 fu infatti nella tappa di Faenza
che Simoni vestì la maglia rosa per portarla poi sino
a Milano. Era una frazione che presentava molte analogie con
quella che ho vinto io. Anche il tuo secondo successo è stato ottenuto con una condotta di gara non troppo diversa da quella di Cesena. Sì, lì non eravamo al Giro. Era la seconda prova della
DUE GIORNI MARCHIGIANA. Una gara vissuta con grande intensità
agonistica fino alla fine. Eravamo andati in fuga circa una
quarantina di corridori, ma a forza di attacchi e contrattacchi
siamo rimasti prima in venti e poi in una decina o forse meno. Sul finale stavo bene e con un po’ d’astuzia ce l’ho
fatta ad andar via a quattro chilometri dall’arrivo ed a tenere
sino al traguardo. Quest'anno
la PANARIA ha corso il Giro
puntando ad avere come uomo di classifica Giuliano
Figueras. È stato ottimo sino a Falzes. Poi sono sopraggiunti
dei problemi che lo hanno costretto al ritiro. Il
campione napoletano abbandonerà il tuo team per approdare
in un’altra squadra della quale al momento, non conosciamo
ancora il nome. Sarai
allora tu a curare la Classifica Generale al prossimo Giro
d’Italia? Aldilà del 12° posto di quest’anno, penso di avere
buone attitudini per le grandi gare a tappe; l’ho già dimostrato
anche nelle categorie minori. Ovvio che non sarà la mia unica opzione, ci sono tante
gare belle e non è certo nella mia indole nascondermi, per
cui cercherò sempre di dare il meglio di me sperando di cogliere
anche qualche altra soddisfazione sia prima che dopo il Giro
d’Italia. Dovremo allora vederti nelle vesti di corridore più guardingo e meno esuberante? Questo magari sì. È chiaro che curando esplicitamente
la classifica generale, sarò più controllato. Credo però che un corridore possa più disciplinarsi,
senza con questo, snaturarsi del tutto. La fantasia appartiene al mio DNA e non è detto che
possa tornarmi utile per inventare qualcosa, magari nelle
tappe più difficili, quelle in salita. All’ultimo Giro con una super SAECO con
due capitani del calibro di Cunego e Simoni
tutto era più difficile, ma sono convinto che talvolta la
fantasia ed il coraggio possono contribuire anche per fini
strategici a togliere di mezzo qualche avversario pericoloso. Se poi per qualche motivo non dovessi riuscire a fare
classifica, a quel punto non esiterei ad agire con più spregiudicatezza
e cercare il risultato in qualche frazione, come è accaduto
quest’anno a Cesena.
La fantasia dunque per disorientare l’avversario e cercare di coglierlo di sorpresa? Questo è un po’ il mio pensiero; del resto se prendiamo
Bettini, possiamo constatare che i suoi successi sono
stati quasi sempre il frutto di una grossa carica agonistica
che gli ha consentito di affermarsi anche in competizioni
forse sulla carta più adatte ad altre tipologie di atleti,
come nella Milano-Sanremo dello scorso anno.
A fronte dell’esperienza maturata nel Giro d’Italia 2004 e limitando il contesto ad atleti tuoi coetanei, che cosa pensi ti manchi ancora per poter duellare ad armi pari con due campioni come Cunego e Popovych? Mi manca sicuramente l’esperienza e poi credo che anche
da un punto fisico, non possa ritenermi maturo come loro.
Speriamo soltanto di crescere piano piano e di poter migliorare
per competere ai loro livelli.
Anche da dilettante c’era già questo divario con questi due atleti? Sì, però non è che mi preoccupi. È una situazione fisiologica;
c’è chi a livello fisico matura prima e chi dopo. Siamo atleti
di 23, 24 anni. Se prendiamo anche gli ultimi grandi campioni come
Indurain e Armstrong, hanno incominciato ad
affermarsi da 27 anni in su. Non voglio assolutamente mettermi al loro pari; voglio
soltanto dire che c’è tempo per crescere, l’importante è farlo
bene!
È un’analisi giusta la tua! Però la vostra generazione con la fantasia e l’esuberanza, ha talmente coinvolto gli appassionati, i quali, impazienti, si sentono di chiedere tutto e subito ai loro beniamini. Spero che se le cose procederanno per il meglio, avremo
tempo e modo per regalare loro delle belle soddisfazioni.
Che cosa mi rispondi se ti dico che trovo delle analogie tra Sella e Bettini? Il termine di paragone mi lusinga moltissimo. A onor del vero devo però dire che Bettini è
molto veloce, mentre a me questa dote manca. Principalmente ritengo di essere uno scalatore ma bisogna
però premettere che quest’anno ho fatto fatica a competere
con i migliori in salita. Sulle salite ero sempre intorno alla decima posizione
o anche dietro. Ancora mi manca un po’ qualcosa. È ovvio allora che difendendomi anche in pianura, gare
nervose o vallonate come quella di Cesena o Castelfidardo
possono rappresentare per me una importante opportunità. Cercare di andar dentro ad una fuga e poi giocarmi
la vittoria ad armi pari con i miei avversari. Sulle grandi salite invece chi va più forte fa subito
la differenza ed io non ho alternative che andare su del mio
passo, lasciando da parte fantasia e carica agonistica.
Se si parla di corse a tappe, non possiamo prescindere dalle prove prove contro il tempo. Come te la cavi in questa specialità? Al Giro d’Italia nella cronometro dell’altopiano Carsico ti sei piazzato al 34° posto. Quali sono state le tue impressioni? Era la mia prima cronometro lunga che peraltro ho corso
con una bici non troppo adatta a me perchè non me l’avevamo
preparata. Ritengo di aver fatto una buona prova. Devo dire che quello della cronometro è un esercizio
che a me piace. Essere lì da solo a fare fatica è una pratica
che faccio volentieri. Data la mia statura non credo certamente di poter arrivare
a competere con specialisti quali Popovych per esempio, ma
se ci limitiamo al contesto degli scalatori, non mi sento
inferiore a nessuno di loro.
Che cosa puoi raccontarci riguardo alla tua esperienza al Mondiale di Verona. Come hai vissuto la corsa dietro le quinte? Per me è stata una grandissima soddisfazione entrare
in nazionale al mio primo anno da professionista, anche se
nel ruolo di riserva. Certo che, essendo di Vicenza e svolgendosi il Mondiale
a Verona ad appena 50 chilometri dalla mia città, mi sarebbe
piaciuto infinitamente correrlo davanti alla mia gente. Non
credo che ricapiterà durante la mia carriera di rivedere un
Campionato del Mondo di ciclismo in terra veneta. Correrlo sarebbe stato la ciliegina sulla torta, a
coronamento di un’annata per me sicuramente positiva.
Come hai vissuto invece la gara nei suoi risvolti particolari: la vicenda Rebellin, l’incidente di Bettini e le tattiche nella fasi finali, dopo l’uscita di scena del campione olimpico. La corsa l’ho vissuta in gran parte dai box; per quanto
riguarda Rebellin, la sua è stata una vicenda che non
ha toccato la squadra azzurra
e che ha riguardato soltanto Davide, al quale, per
una serie di circostanze, non gli è stato consentito di prender
parte alla competizione. L’incidente a Bettini ha lasciato molta amarezza
perchè si è sperato sino in fondo che Paolo potesse farcela
a superare quel momento critico, ma purtroppo la situazione
andava peggiorando di giro in giro. A quel punto si sperava che Cunego e Basso
ce la facessero con un’azione poderosa a togliere di torno
avversari pericolosi del calibro di Zabel e Freire. L’alta andatura con la quale veniva però affrontata
la salita delle Torricelle, ha fatto sì che fosse estremamente
difficile attaccare e così un gruppo nutrito di corridori
con all’interno fior di velocisti, si è giocato il Mondiale
allo sprint. È stato sicuramente molto bravo Paolini a tener
testa ed a conquistare la medaglia di bronzo.
Perchè all’ultimo Giro di Lombardia sei andato in fuga poco dopo la partenza. Non era forse meglio aspettare il momento saliente della corsa ed essere a lottare insieme a Cunego e Basso? Dopo il Campionato del Mondo non sono stato troppo
bene, forse a causa del primo freddo. Non ho passato una buona
settimana ed alla partenza del Giro di Lombardia le
sensazioni erano tutt’altro che buone. Durante la corsa ho così pensato di inserirmi nella
prima fuga che capitava, nella remota speranza che avesse
un po’ di fortuna.
Anche se soffri il freddo, quest’anno al tuo debutto nel Giro della Provincia di Lucca sei andato forte; anche nella tappa da tregenda vinta da Bertolini a Castelvecchio Pascoli, ti sei piazzato al settimo posto. Il freddo lo soffro tantissimo! In quell’occasione
ero forse spinto anche dall’entusiasmo delle prime gare, ma
posso assicurare che ho sofferto infinitamente. Che cosa abbiamo passato quel giorno me lo ricorderò
per tutta la vita: un freddo incredibile, la pioggia... Quando salii sul camper mi hanno svestito perchè non
riuscivo a rendermi conto dove fossi ed ero completamente
intirizzito dal freddo.
Il prossimo anno passeranno al mondo professionistico atleti che se pur più giovani, hanno avuto modo di gareggiare con te nelle categorie minori. Cito per esempio Nibali, Visconti, Franzoi. A tuo giudizio, che cosa è lecito attendersi da questi atleti? Sicuramente sono giovani interessanti; però nel mondo
professionistico bisogna sapersi confermare. Non è facile! Ho visto tanti giovani che nelle categorie minori andavano
fortissimo e adesso li vedo invece far fatica. Bisogna stare con i piedi per terra ed essere consapevoli
che il passaggio è sempre duro e traumatico. Posso dire che personalmente sono sempre stato lucido
e consapevole di questo, e forse questa cognizione mi ha aiutato a tener duro nei momenti più
difficili. Resta comunque il fatto che sono sicuramente corridori
interessanti ed è lecito attenderseli tra qualche anno sicuri
protagonisti.
Fino a quando sei legato contrattualmente al team di Reverberi? Sono impegnato con la PANARIA per altri tre
anni, fino al 2007.
Avete già delineato i programmi agonistici per la stagione 2005? Sì, proprio in questi giorni. Debutterò a febbraio a Donoratico nel G.P. DEGLI
ETRUSCHI. Si andrà avanti con il TROFEO LAIGUEGLIA
ed il GIRO DELLA PROVINCIA DI LUCCA. Non disputerò
invece la TIRRENO-ADRIATICO perchè in quella gara si
andrà già molto forte. Molti atleti che prepareranno la MILANO-SANREMO
saranno già al “top” mentre i miei programmi sono un po’ più
differiti nel tempo, orientati ad arrivare gradualmente alla
condizione ottimale in vista del GIRO ’ITALIA.
Tu correrai la “Classicissima dei fiori”? Penso di sì, ma senza particolari velleità. La mia
primavera proseguirà con gare italiane: la SETTIMANA INTERNAZIONALE
COPPI E BARTALI, il GIRO DEL TRENTINO, la SETTIMANA
LOMBARDA, il GIRO DELL’APPENNINO ed il G.P.
DI LARCIANO. Prevedo di arrivare al Giro con circa 25 corse.
La CERAMICHE PANARIA sarà sicuramente presente al Giro d’Italia, dunque? Sì, sembra sicuro! Non dovrebbero esserci problemi.
Sembra che il prossimo anno salirete in sella a bici COLNAGO. Una bella soddisfazione! Certamente! Un marchio prestigioso.
Avete già fatto uno stage? No, lo faremo nei primi giorni di febbraio, prima dell’inizio
dell’attività agonistica. Dopo, una parte della squadra andrà a correre in Malesia
e l’altra resterà in Italia a svolgere quel programma di gare
di cui ho già parlato in precedenza.
La CERAMICA PANARIA è presente già da qualche anno come sponsor nel ciclismo. Si sente dire che questa società dovrebbe fare il suo ingresso in Borsa. È lecito allora attendersi maggiori investimenti e di entrare a far parte in futuro del PRO TOUR? Speriamo! Credo però che la politica di Reverberi
sia quella di non allargarsi troppo. Se facciamo la nostra attività in Italia, Giro
compreso, i vertici del team sono pienamente soddisfatti.
Soddisfatto anche Emanuele Sella? Sicuramente! L’importante
è crescere tranquillo e con serenità. L’ambiente che ho trovato
è ideale per questo.
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Roberto
Sardelli con Emanuele Sella
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