Le Interviste di ROBERTO SARDELLI

 Intervista a IVAN BASSO

L'ultimo Giro di Lombardia, ha gettato le basi su quella che sarà la prossima avvincente sfida del Giro d'Italia, nella quale esperti ed appassionati vogliono relegare ai ruoli di favoriti, l'ultimo vincitore Damiano Cunego ed il  corridore varesino Ivan Basso.

È innegabile che la stagione appena conclusa ci ha consegnato un Ivan Basso, radicalmente trasformato.

Abituati a vederlo nel solito ruolo di corridore regolarista ma sin troppo attendista e poco incline all'attacco, improvvisamente si è scoperto un atleta consapevole dei propri mezzi, capace di osare e di proporre la corsa.

21 dicembre 2004

Filippo PozzatoIvan, la stagione che si è appena conclusa è stata la migliore della tua carriera. Sei sempre stato tra i protagonisti ed hai ottenuto due successi prestigiosi.

Sicuramente per me, questo è stato l’anno più bello. Ho potuto correre ed esprimermi come forse già in passato ero già capace di fare, però c’è sempre un momento nella carriera di un atleta, dove finalmente riesci ad ottenere quei successi che prima avevi solo sfiorato.

Ho ottenuto due vittorie nelle corse nelle quali avevo sempre cercato il risultato; il Giro dell’Emilia ha sempre  rappresentato per me una gara alla quale ho sempre tenuto in modo particolare.

Dell’altra vittoria a La Mongie, c’è poco da dire. Era il primo arrivo in salita del Tour ed arrivarci da soli io ed Armstrong, è stato un qualcosa che mi ha dato una soddisfazione indescrivibile.

Da che cosa deriva questo tuo feeling con il Giro dell’Emilia?

È qualcosa di interiore che ogni corridore ha dentro di sé. Maqari un altro pensa piuttosto al Giro del Lazio o alla Tre Valli Varesine. Non voglio ovviamente scomodare le “Classiche Monumento” quali la Sanremo, la Roubaix o il Campionato del Mondo, competizioni che dato il loro prestigio, sentono un po’ tutti i corridori.

L’emozione che riesce però a trasmettermi il Giro dell’Emilia ha qualcosa di molto particolare che mi è difficile anche descrivere.

Vincere sulla collina di San Luca mi ha dato veramente molta soddisfazione. Una vittoria che ho cercato e voluto con tutto me stesso.

Dopo una stagione corsa ad alto livello dal Giro del Mediterraneo sino al Giro di Lombardia,  essere riuscito a vincere quasi alla fine del mese di settembre mi ha gratificato moltissimo perchè credo di aver dato un segnale chiaro di continuità ed anche di bravura.

Ero sempre stato accompagnato da particolari pregiudizi, un po’ perchè mancavano i risultati e un po’ perchè non ero veloce. Adesso credo che alcuni di questi pregiudizi siano stati cancellati, altri magari saranno rimasti.

Sono comunque consapevole che faccia parte delle regole del gioco che un corridore abbia dei sostenitori da una parte e sportivi più severi, propensi solo alla critica, dall’altra.

Bisogna comunque affermare che con l’annata di quest’anno, hai avuto sicuramente un’impennata di simpatia.

Penso sia opportuno fare delle premesse.

La simpatia è qualcosa di estremamente soggettivo per cui un tifoso può essere più propenso verso un atleta rispetto ad un’altro.

Certamente, essere protagonista nelle grandi gare a tappe ti dà una fama ed una notorietà che talvolta nemmeno le vittorie di certe importanti classiche possono darti. È chiaro che ottime prestazioni al Giro ed al Tour hanno una notevole cassa di risonanza e penso sinceramente che la vittoria sul Tourmalet ed il terzo posto nella  classifica generale alla Grand Boucle abbiano consentito di farmi conoscere anche a chi non segue assiduamente lo sport delle due ruote.

Non pensi comunque che al di là delle Tue giuste considerazioni, un tuo diverso modo di correre, forse meno attendista che in passato, abbia spinto molti sportivi ad apprezzarti ancor di più?

Può essere. Sicuramente sino alla scorsa stagione ero forse un po’ troppo attendista, mentre quest’anno ho sempre cercato e molto spesso sono riuscito a proporre la corsa ed a farla subire agli altri.

Ovviamente, non posso poi pretendere che il mio modo di correre debba per forza piacere a tutti. Come ho detto in precedenza, gli apprezzamenti o meno fanno parte delle regole del gioco; nessuno può però esigere che io cambi il mio modo di correre, solo badando alle simpatie che questo può suscitare. Il consiglio lo accetto, ci rifletto, ma poi devo essere io in base alle esperienze ed alle mie convinzioni, a determinare le strategie e le tattiche di corsa. 

Quanto ha influito l’aver cambiato squadra sulla tua evoluzione?

È stato fondamentale. Devo però sottolineare che è stato un cambiamento, una piccola rivoluzione, partita da me stesso, dal mio intimo. Sono io che ho deciso le persone con le quali lavorare. Bjarne Riis è il mio capo, il mio datore di lavoro, colui che mi paga e quindi mi dà degli ordini; però è una persona che sa ascoltare. Talvolta possiamo essere in disaccordo, però si cerca sempre di arrivare ad una soluzione che tenga conto sia di me, sia del team. Fino ad ora ci stiamo riuscendo e la collaborazione è ottima sotto tutti gli aspetti.

Alla FASSA BORTOLO non era così?

Direi proprio di no. Io sono stato uno dei primi a voler emigrare da quella squadra e potevo anche rappresentare un caso  a sé stante; un atleta che non si adattava al sistema FASSA BORTOLO. Vedendo però che molti altri corridori hanno fatto le valigie, vuol forse dire che non sono l’unico a non voler accettare quel particolare clima.

Potrei fare l’esempio di un vestito che è della mia taglia, perchè la FASSA è presente nel contesto del ciclismo professionistico, però questo vestito mi tira sotto le ascelle e magari i pantaloni sono un po’ corti.

Alla CSC sento invece di indossare un vestito dove sto dentro bello comodo.

Il clima particolare di cui parli, c’era anche prima che Petacchi si esprimesse ai massimi livelli?

Io non facevo parte del gruppo Petacchi, il mio lavoro da svolgere era del tutto opposto.

Andavo forte nelle gare di un giorno e nelle gare a tappe, ero determinante nelle vittorie altrui, però non vincevo. 

Vorrei tuttavia ribadire che alla FASSA BORTOLO ho passato tre anni molto importanti della mia carriera che mi sono sicuramente serviti per maturare.

Al di là dei mie trascorsi nelle altre squadre, vorrei precisare che il momento determinante è stato quando ho deciso di cambiare, di scegliermi altri collaboratori, altri programmi.

In quel momento mi sono addossato delle scelte per le quali io e soltanto io dovevo esserne responsabile, nel bene o nel male.

Perchè scegliesti proprio la CSC?

Bjarne oltre a gratificarmi economicamente, mi ha esposto un progetto che mi andava benissimo. Questo progetto prevedeva che fossi il leader unico soprattutto nelle gare a tappe, dove avrei avuto a disposizione l’intera squadra. Sono stato fortunato ed ho trovato quello che volevo. Ad un anno di distanza sono soddisfatto e contento della decisione presa. Spero che tutto prosegua per il meglio anche il prossimo anno e che arrivi lo sponsor che ci affianchi nella stagione 2006.

Lo sponsor CSC è in scadenza?

Sì con l’anno 2005 scade il contratto di sponsorizzazione, stanno cercando di rinnovare per avere uno sponsor che ci affianchi nel trienno 2006-2008.

Tornando a parlare del Tour 2004, che cosa pensi ti sia mancato per essere al secondo gradino del podio di Parigi, subito dietro al fuoriclasse americano?

Forse la mancanza di esperienza mi ha giocato un brutto scherzo in occasione della tappa all’Alpe d’Huez e poi non ero ancora pronto per fare l’ultima cronometro all’altezza della situazione e mantenere così la seconda posizione in classifica. Da parte sua, Kloden è stato aiutato da una naturale predisposizione per le gare contro il tempo. Ho preso atto di tutto questo e posso serenamente affermare che in Francia quest’anno sono comunque andato al di là delle aspettative ed il terzo posto lo ritengo come un prestigioso risultato conseguito e non  come un secondo posto mancato.

La bellissima vittoria che hai ottenuto al Giro dell’Emilia ti aveva fatto nascere delle speranze particolari riguardo al ruolo da assumere al Mondiale di Verona?

No, perchè sinceramente non sapevo neanche di essere convocato.

Ma comunque immaginavi la tua convocazione.

Me lo aspettavo, però essendo i capitani già designati da mesi sapevo già che il mio ruolo non sarebbe stato di primo piano. Per quanto mi riguarda non è che pensi più di tanto ai Mondiali. Essendo un corridore poco veloce, è difficile per me assumere il ruolo di capitano nella squadra. Meglio pensare ad essere competitivo al Giro ed al Tour e cercare il risultato pieno in queste gare.  

Comunque tu  a Verona avevi un ruolo importante, immediatamente subito dietro ai leaders designati. Perchè allora, considerate le tue attitudini, non si è cercato di mandarti allo scoperto prima che la corsa entrasse nelle fasi finali.

Così facendo si sarebbe costretto le altre nazionali a lavorare, e per quanto ci riguarda, si sarebbe salvato qualche altro prezioso elemento per il finale.

Il problema è che abbiamo aspettato Bettini fino all’ultimo, nella speranza che recuperasse. Quando poi infine, ha deciso di ritirarsi, mancavano solo tre giri al termine e le altre nazionali, perlomeno quelle più pericolose, erano lì spiegate, pronte a giocarsi il titolo.

Tra i tre azzurri che si sono giocati la volata a Verona, tu sei stato sicuramente quello più altruista. Avevate ricevuto ordini particolari dall’ammiraglia di Ballerini?

Con Zabel, Freire, O’ Grady, Hondo non c’èrano da farsi troppe illusioni. Cunego e Paolini volevano entrambi far la volata e così mi sono messo in testa a tirare. Tutto sommato con tutti quei  mostri sacri dello sprint è andata bene che siamo riusciti a cogliere una medaglia di bronzo.

Veniamo invece allo splendido Giro di Lombardia. Sapendo di essere battuto in volata da Cunego, hai corso costantemente all’attacco e sul San Fermo sei riuscito a staccarlo. Che cosa hai pensato in quella precisa fase di corsa?

Sono momenti molto particolari nei quali sei proprio al limite e non è che puoi permetterti di pensare più di tanto. Cerchi di tener duro e pedalare. Credo tuttavia di essere stato sfortunato a non trovare compagni d’avventura motivati come me nel cercare di portare avanti la fuga sino all’arrivo. Con un pizzico di collaborazione in più, la corsa ce la saremmo giocata in tre, Boagaerd, Evans ed io.

Bagaerd in particolare, ha speculato sul mio impegno sperando di arrivare all’arrivo senza spremersi, per poi giocarmi allo sprint.

Comunque va bene lo stesso. In quell’occasione ero in pace con me stesso perchè avevo provato, avevo corso come volevo e come mi sentivo. Poi Cunego, essendo il più veloce  ha fatto sua la corsa, vincendo allo sprint.

Allo scorso Giro d’Italia abbiamo visto un Cunego stratosferico negli arrivi in salita. Tenuto conto però di quello che ti abbiamo visto fare al Tour, e senza dimenticare l’episodio del Colle San Fermo al Giro di Lombardia, ci sono da attendersi scintille tra voi due al prossimo Giro d’Italia.

Lo spero vivamente che sia una sfida tra noi due. Se così fosse, vorrebbe dire che siamo lì a lottare per il primo e secondo posto della Classifica Generale. Io non ho paura, però lo rispetto perchè ha fatto vedere grandi cose. Vedremo poi chi sarà il più bravo!

In salita siete entrambi fantastici, sia pure con una pedalata molto diversa, più scattante Cunego, più passista tu. Tutti e due esprimete una grande potenza. A cronometro invece, pensi di possedere qualcosa in più rispetto a Cunego?

Personalmente non credo di avere una dote dove possa ritenermi super. Credo però di essere bravo un po’ dappertutto. Penso che per vincere il Giro devo andare forte in salita e batterlo a cronometro. Non posso fare particolari strategie tipo difendermi in salita e guadagnare poi nelle prove contro il tempo. Devo partire dal presupposto che lui a cronometro vada forte, che abbia lavorato durante l’inverno per migliorare le prestazioni. Aspettarmi di vederlo ancora più competitivo rispetto al 2004.

Se nutro ambizioni di vittoria, devo cercare di batterlo su tutti i terreni sia in salita che a cronometro, senza fare calcoli particolari.

Popovych ha già annunciato che nel 2005 correrà il Tour e che non sarà presente al Giro. Che cosa avrebbe potuto rappresentare la presenza dell’ucraino nella sfida Cunego-Basso?

Io non corro in base ai miei avversari. Sono consapevole di avere un’ottima squadra e voglio che siano gli altri a guardare noi e non viceversa. Noi faremo la nostra corsa senza lasciarci condizionare da nessuno. Penso comunque che il cast dei partenti sarà ottimo: Cunego, Simoni Garzelli, Savoldelli, Vinokurov, Beloki, forse Scarponi, una starting-list di tutto rispetto.

Il prossimo anno correrai due grandi gare a tappe: Giro e Tour. Come pensi che ti troverai a correre il Tour de France dopo aver corso un Giro d’Italia dove tutti ti chiedono di essere protagonista?

La risposta si potrà avere soltanto a fine luglio. Io penso di esser in grado di far bene in entrambe le competizioni. Non correrò certo il Giro in funzione Tour. Il mio obiettivo sarà di primeggiare in tutte e due le prove.

Un ruolo importante lo svolgeranno le prove contro il tempo. Stai svolgendo allenamenti specifici per migliorare le tue performances in questo tipo di gare?

Continuerò il lavoro che ho iniziato l’anno scorso svolgendolo ancora con maggiore precisione, nella consapevolezza che l’ottimizzazione parte comunque dalla testa.

Curerai in particolare la posizione in bici?

No, la posizione ottimale spero a questo punto di averla già trovata. Si tratterà più semplicemente di lavoro in generale e di allenamenti da svolgere con bici da crono.

Quali saranno i tuoi programmi di avvicinamento al Giro? Dov’è previsto il tuo debutto per la stagione 2005?

Debutterò al Giro della Provincia di  Lucca, proseguendo con Tirreno-Adriatico, Criterium International, Giro dei Paesi Baschi, Freccia Vallone, Liegi-Bastogne-Liegi e poi finalmente il Giro.

Pensi che ti vedremo competitivo già sulle Ardenne?

Non lo so. Il mio obiettivo è quello di essere competitivo al Giro. Quando si correranno la Freccia e la Liegi mancheranno circa 15 giorni alla partenza del Giro d’Italia e penso che sulle Ardenne ci saranno corridori al top della condizione. Io invece in quel momento sono sempre in una fase evolutiva, alla ricerca della migliore condizione per il Giro. Non bisogna dimenticare che dopo la corsa rosa devo mantenere un eccellente stato di forma per tornare ad essere al massimo in occasione del Tour.

Non si può volere tutto, Classiche, Giro e Tour. È fondamentale prepararsi bene e porsi obiettivi ben chiari.

Roberto Sardelli con Ivan Basso

Ivan Basso al Tour de France 2004

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