L'ORO
DI OSCAR
secondo
titolo iridato per la carriera del giovane spagnolo
di Michele Lugeri
Roma,
14 ottobre 2001 - Ritorno
di fiamma del flirt di Oscar Freire Gomez con la maglia
iridata persa per un pelo lo scorso anno a Plouay dietro
Vainsteins e Spruch. La vittoria di oggi ripropone
ai vertici del ciclismo mondiale un uomo che non rappresenta
più una sorpresa ma uno dei migliori talenti della scuola
spagnola che, dal ritiro di Indurain in poi, non ha sofferto
certo per la mancanza di vittorie.
Terzo podio consecutivo per lui con due ori e un bronzo, come
solo Gianni Bugno seppe fare dieci anni fa.
La nazionale spagnola ha dominato la corsa di oggi, rendendola
agevole per la sua punta portata fresca all'arrivo e dimostrando
di vederci più chiaro di tutti quelli che agitavano lo
spauracchio dei "quasi quattromila metri di dislivello":
ventuno giri del Monsanto non valgono mezzo Pordoi, povero il
nostro Simoni.
La punta spagnola è stata uno sprinter dotato di fondo
come Oscar Freire, per il cui successo sono stati sacrificati
passisti come Angel Casero e scalatori come Sevilla,
i protagonisti della Vuelta.
Al lavoro dei suoi picadores, Freire ha risposto con
una volata dove ci ha messo forza, astuzia e fortuna.
Ma come si è arrivati ai duecento metri finali? quali
temi si sono sviluppati in corsa?
I movimenti
principali sono stati tre: il controllo spagnolo per Freire,
il marcamento azzurro su Jan Ullrich, l'attesa di tutto
il gruppo del temuto colpo di mano del tedesco.
La corsa si infiamma negli ultimi tre giri dove si susseguono
una serie di attacchi, sia pur non fruttuosi ed incisivi, da
parte però dei nomi importanti del mondiale: vanno via
Bettini e Di Luca, più volte lo scatenato
Virenque e spinge a fondo lo stesso Ullrich.
Nessuno fa il vuoto ed il fuggitivo immancabilmente si volta
indietro sconsolato. E' lo splendido Giuliano Figueras a
chiudere ogni tentativo del Kaiser, con tutti i nostri capitani
pronti a partire in contropiede.
La tattica degli italiani è giusta e ben orchestrata
da Ballerini, coadiuvato dai preziosi suggerimenti di
Alfredo Martini.
Mazzoleni, Faresin, Lanfranchi, Basso chiudono ogni buco
per far rientrare i minacciosi Simoni, Bettini e Rebellin.
Più nascosto Casagrande sempre oltre la ventesima
posizione.
In questo scenario si inseriscono i timidi tentativi di belgi
e olandesi e il solito scattino rinunciatario di Michele
Bartoli, che dopo neanche cento metri si rialza rifiutando
una possibile ed utile collaborazione di Boogerd.
Spara le sue cartucce Ullrich ma non fa il vuoto come
sperava, anzi subisce il contrattacco di Gilberto Simoni:
è l'ultimo giro e l'azione sembra buona, tutti gli avversari
si guardano.
Spinge Gibo,
è dal Giro che pensa a questo giorno. Il vantaggio sale
leggermente ma dietro non sembrano sentire il peso delle quarantadue
salite già affrontate e gli ultimi cento metri di quel
temuto dislivello non sono abbastanza duri per fare la differenza.
A parte un paio di sparate di un distratto Lanfranchi,
il sogno di Simoni si infrange sul lungo rettilineo di
falsopiano dove il gruppo può di nuovo sviluppare velocità.
Prima dell'epilogo c'è lo spazio per un timido tentativo
di Francesco Casagrande che si spegne sul nascere, con
l'immancabile imprecazione.
Nessuno intende più collaborare: la volata di gruppo
è segnata. E nel gruppo non ci sono solo passisti, è
rimasto uno sprinter tenace anche su queste salite: Erik
Zabel. Ma non si sanno le sue condizioni.
Cinquecento metri: il gruppo è uno strano ventaglio:
nessun treno, nessuno si lancia, nessuno anticipa lo scatto.
Duecento metri: si rompono gli indugi, ma è una
volata di cacciatori solitari: ognuno si lancia da solo; Ullrich
si trova già dietro Zabel e non può aiutarlo.
Cento metri: Erik Dekker, il dominatore delle
corse di un giorno, esce allo scoperto; Zabel al centro
strada; più largo scatta il Grillo Bettini.
Cinquanta metri: Dekker con la coda dell'occhio
vede la manica blu di Zabel, cerca di chiuderlo aprendo
un varco alle transenne.
E' una manna per Oscar Freire che esplode il suo rush
infilando il corridoio giusto per la vittoria davanti a Bettini
e alla sorpresa slovena Hauptman in scia dello spagnolo.
E' il podio.
Dekker
e Zabel, piantati sui pedali, non possono nulla. Dietro
il gruppo osserva la festa spagnola e la delusione di Bettini
che si porta le mani al volto. Il Grillo
sarà mai capace di battere un'altra volta Zabel?
Ha molte
ragioni per recriminare, Bettini. Anche se ognuno s'è
lanciato da sè in volata, il nostro corridore doveva
essere almeno tenuto coperto agli ultimi cento metri. Rimpiange
una mano chiesta a un azzurro e non ricevuta, la medaglia d'argento.
Figueras? No, dopo una corsa impeccabile si è
trovato chiuso alle transenne. Bartoli, libero a centro
strada? Chissà. Forse è andata così o forse
no.
Per fortuna
la vittoria limpida di un campione come Oscar Freire,
bersagliato continuamente da problemi fisici ma sempre presente
agli appuntamenti che contano, può mettere tutti d'accordo.
La nostra nazionale ha dimostrato compattezza nell'insieme,
finalmente con le punte al coperto e pronte ad intervenire in
contropiede; senza attacchi folli e la solita anarchia dell'ultimo
giro.
Senza dubbio Bettini e Simoni hanno dimostrato
di crederci più di tutti, mentre Figueras sembrava
regalarci la sorpresa più grossa. In ombra gli altri
capitani Bartoli e Casagrande.
Si chiudono i mondiali di ciclismo su strada col bilancio magro
di due medaglie d'argento sia pur meritate nelle prove più
prestigiose, ma un po' poco per i nostri colori. Soprattutto
se sommiamo questi risultati allo "zero" conquistato
ai mondiali di Vail di mountain bike e a quelli su pista disputati
ad Anversa.
Sabato si chiude con il Giro di Lombardia che dovrebbe
consegnare la Coppa del Mondo ad Erik Dekker e
con la sicura inaugurazione della maglia iridata da parte di
Oscar Freire. Poi la meritata vacanza per scaricare la
mente e rilanciare la sfida a Simoni, Armstrong, Casero,
in rigoroso ordine cronologico, per una nuova stagione che aspettiamo
più serena e limpida dopo gli squarci aperti dai blitz
della giustizia nel mondo delle corse.
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