Dal
programma ufficiale:
Di
tutti gli eventi proposti da La Gazzetta dello
Sport in oltre un secolo di storia il Giro
d'Italia è quello di maggior rilievo. Per
tutti il Giro è "la festa di maggio",
come lo definì Bruno Raschi, uno dei cantori
del ciclismo. La corsa rosa monopolizza l'attenzione
ge-nerale fra metà maggio e la prima settimana
di giugno. Circa 6 milioni di spettatori si
accalcano ogni giorno sulle strade al passaggio
dei corridori e quasi 43 milioni di italiani
si godono la corsa in Tv. Il Giro, col succedersi
delle edizioni, cresce al punto di divenire
una "città viaggiante" che ormai ingloba circa
1700 persone, tutti addetti ai lavori. Il
seguito del Giro è uno spettacolo variopinto,
con non meno di 700 automezzi in rappresentanza
di organi di stampa, televisione, fotografi,
squadre, servizi di assistenza tecnica, per
tacere dei mezzi multiforme e multicolore
della carovana pubblicitaria che - seguendo
lo stesso percorso della tappa - precede di
circa un'ora i corridori.
GLI
ALBORI
La
vocazione organizzativa de La Gazzetta dello
Sport si manifesta sin dagli albori del giornale,
nato il 2 aprile 1896 dalla fusione fra "Il
Ciclista" e "La Tripletta". Il primo numero
reca in prima pagina un riquadro con l'annuncio
della Milano-Monza-Lecco-Erba gara ciclistica
organizzata dal giornale. All'origine bisettimanale,
la Gazzetta diviene trisettimanale in occasione
del primo Giro d'Italia (1909) e quotidiana
per l'edizione del 1913. Il giornale è di
colore rosa dal primo numero del 1899. Il
7 agosto 1908 La Gazzetta dello Sport annuncia
in prima pagina lo svolgimento del 1°
Giro d'Italia per il 1909, battendo sul tempo
Il Corriere della Sera che stava proget-tando
un giro ciclistico dopo il successo di quello
automobilistico di cui era il promotore. Con
eleganza e stile il Corriere replicò alla
Gazzetta offrendo al vincitore del Giro un
premo di 3.000 lire. Il primo Giro d'Italia
parte il 13 maggio 1909 alle 2:53 del mattino
dal rondò di Loreto, a Milano. Le tappe sono
8 per un totale di 2448 chilometri e 127 sono
i concorrenti, dei quali solo 49 giungono
a Milano. Le notizie della corsa, vinta da
Luigi Ganna, pervengono a Milano attraverso
dispacci telegrafici che l'organizzazione
appende dentro le vetrine della Lancia-Lyon
Peugeot, in Piazza Castello, mentre i pochi
che possiedono il telefono possono informarsi
chiamando il 33.68. Luigi Ganna, primo vincitore
del Giro, guadagna 5.325 lire, l'ultimo classificato
300 lire. Un confronto utile viene dallo stipendio
di Armando Cougnet, Direttore del Giro (e
amministratore del giornale oltre che capo
redattore della rubrica ciclismo) che percepiva
150 lire al mese.
LA
MAGLIA ROSA E LE ALTRE MAGLIE
Nel
1931 viene istituita la maglia rosa - colore
distintivo del giornale - quale simbolo del
primato in classifica. Il primo a indossarla
è Learco Guerra, vincitore della tappa inaugurale
del 19° Giro d'Italia, la Milano-Mantova.
Al 1933 risale il primo Gran Premio della
Montagna, con quattro salite che assegnano
punti. Alfredo Binda ne è il dominatore, transita
primo in vetta a tutte. A partire dal 1974
la maglia della speciale classifica del G.P.M.
è di colore verde. La classifica a punti viene
istituita nel 1966. Dal 1967 al 1969 il capo-classifica
veste la maglia rossa, quindi - dal 1970 -
la classifica a punti corrisponde alla maglia
ciclamino. Nel 1989 viene istituito l'Intergiro
e i premi al passaggio dell'Intertappa si
conteggiano per la classifica generale a punti.
UNA
REGINA E UN TIRANNO
Il
Giro d'Italia annota anche una regina, protagonista
negli anni Venti: Alfonsina Strada fa scalpore
quando il direttore della Gazzetta dello Sport,
Emilio Colombo, annuncia che in gara contro
i maschi, al Giro, ci sarà anche lei. Era
il 1925. Parte col numero 72, per cadute e
vicissitudini finisce fuori tempo massimo,
ma prosegue senza numero e raggiunge ugualmente
Milano, concludendo il Giro fra gli applausi.
Un altro episodio che in quegli anni fa scalpore
ha invece come protagonista un uomo: Alfredo
Binda. Dopo aver vinto con facilità il Giro
in quattro edizioni consecutive (dal 1926
al 1929) viene invitato a rimanere a casa
per manifesta superiorità. Nel 1930 percepirà,
per non correre, il premio (22.500 lire) che
avrebbe guadagnato in caso di vittoria.
I
PATRON
Dalle
origini e sino al 1948 Armando Cougnet è la
figura chiave del Giro d'Italia, l'autentico
patron. Gli succede Vincenzo Torriani, cresciuto
alla sua scuola dal 1946. Torriani reggerà
le sorti del Giro sino al 1992 ma dal 1989,
causa le sue non eccellenti condizioni di
salute, Carmine Castellano riceve la più ampia
delega a procedere.
LO
SPETTACOLO E I MEDIA
Nel
1923, a testimoniare l'eco che il Giro suscita,
entra in scena la cinematografia, per le riprese
degli arrivi. Tutto senza sonoro, all'i-nizio.
Negli anni Trenta l'interesse per il ciclismo
e per il Giro fa scendere in campo i cinegiornali
che allo "sport del pedale" de-dicano sempre
maggiore attenzione. Nel 1947 Radio Rai si
aggrega al Giro e la trasmissione tecnico-sportiva
viene affiancata da un varietà: il dopocena
è riservato a "Il Girino Innamorato". Nel
1949 la rivista del dopo corsa si intitola
"Il Giringiro" durante il quale ogni sera
la voce della maglia rosa sussurrava la "buonanotte
girini". Il 36° Giro (1953) dopo le trasmissioni
sperimentali dell'anno prima, vive la prima
diretta televisiva, mentre il 1954 coincide
con le prime interviste radiofoniche ai raduni
di partenza. Il 1963 segna l'avvento de "Il
Processo alla Tappa", condotto da Sergio Zavoli,
una trasmissione di grande successo replicata
negli anni più recenti. Grazie ai diritti
tv ceduti a emittenti straniere, il Giro ha
non meno di 100 milioni di contatti giornalieri
in tutto il mondo. L' ultima edizione, l'83a,
ha fatto registrare in Italia uno share medio
del 31.39% (oltre un televisore su tre era
sintonizzato sul Giro durante le 2 ore della
diretta su Rai 3). Il Giro del 2000 ha visto
933 giornalisti accreditati, in rappresentanza
di 492 testate internazionali.
LE
GRANDI RIVALITÀ
Il
ciclismo, e il Giro d'Italia, vivono di grandi
rivalità sin dalle origini. La prima figura
di eroe dominante è Costante Girardengo, meglio
noto come "l'omino di Novi", cui si oppone
il francese Henry Pelissier. Terzo incomodo
Tano Belloni. Negli anni Venti tramonta la
stella di Pelissier, prontamente sostituito
da Alfredo Binda che porta nel ciclismo una
nota di eleganza e il tifo delle donne. Binda,
il suonatore di cornetta della banda di Cittiglio,
genera modernità e congiunge due epoche. Con
Girardengo non parla, si limita a staccarlo,
sempre, in salita. Binda è bravo e fortunato
perché l'avversario che potrebbe dargli noia,
il friulano Ottavio Bottecchia, è costretto
a emigrare in Francia in quanto è inviso ai
patron delle Case italiane. E Oltralpe si
farà valere, vincendo il Tour de France nel
'24 e nel '25. Learco Guerra, mantovano, formidabile
passista, meglio noto come "la locomotiva
umana" è l'avversario del Binda di fine carriera,
nei primi anni Trenta, con Giuseppe Olmo guastafeste.
Guerra è amato da tutti per il sorriso aperto
e il fare "alla mano" ma anche per le sue
qualità atletiche. Nel 1935 spunta la stella
di Gino Bartali, "il pio", destinato a dominare
a lungo la scena. Il toscano imperversa sino
al 1940 quando la Legnano, per la quale gareggia,
ingaggia l'avversario più temibile. Fausto
Coppi, giovane promessa, fa centro al primo
colpo, vince il primo dei suoi cinque Giri
proprio a spese del suo capitano, Bartali,
che mai gli perdonerà l'affronto. Alla ripresa
dopo la guerra, nel 1946, Bartali ha ragione
del rivale. Coppi si rifarà negli anni dispari
('47, '49 e '53) aggiungendo una perla pari,
nel '52. Secondo un collaudato copione nella
rivalità Bartali-Coppi si inserisce Fiorenzo
Magni, "il terzo che gode", toscano capace
di vincere ben tre Giri d'Italia, nonostante
le ridotte attitudini in salita. Per ritrovare
altri duelli epici bisogna aspettare le rivalità
fra Adorni e Gimondi e fra Gimondi e Motta,
ma l'avvento di Merckx, un asso pigliatutto,
mortifica le ambizioni di molti avversari.
L'ultima rivalità è quella fra Moser e Saronni,
che vede, per la prima volta, il tifo orga-nizzato
in club. Francesco Moser assomma sino a 53
mila appassionati nel suo magico 1984, anno
che annota il doppio primato dell'ora in Messico,
la vittoria nella Milano-Sanremo e, dopo tanti
tentativi infruttuosi, il successo nel Giro
d'Italia, grazie al quale il trentino accorcia
le distanze (Saronni aveva vinto il Giro nel
1981 e nel 1983).