Johan,
3:10
La Roubaix secondo Museeuw: terzo successo e decima
vittoria di Coppa del Mondo
di Michele Lugeri
Roma,
14 aprile 2002
Vince
ancora Johan Museeuw, vince la sua terza Parigi-Roubaix
aggiungendo il suo "versetto personale" nella
grande bibbia del ciclismo.
Non voglio essere blasfemo: il versetto del Vangelo
di Giovanni 3:27 recita così: "L'uomo non
può ricevere cosa alcuna, se non gli viene data
dal cielo". E' una legge a cui siamo tutti sottoposti.
E nell'ambito di questa legge, agli uomini è
data facoltà di scrivere le pagine della loro
storia su questa terra.
E l'uomo Johan Museeuw ha scelto questa corsa
tremenda per scrivere le sue pagine di gloria sportiva.
Lo ricordiamo infangato e impolverato mestamente agganciato
ai pedali del prototipo biammortizzato della Bianchi,
o alla testa del terzetto Mapei. Lo ritroviamo ferito
gravemente nella foresta di Aremberg e vincente
l'anno successivo. Assaggia il gusto agrodolce della
vittoria del suo gregario Knaven lo scorso anno
e riassapora la gloria del trionfo quest'oggi.
Nei duecentosessanta chilometri che dividono Parigi
da Roubaix, Johan Museeuw ha trovato tre volte
il paradiso, ma ogni volta che ha affrontato questa
corsa ha dovuto attraversare l'inferno.
Pietra su pietra, ricoprendosi di fango fino ad assomigliare
l'uomo stesso alla strada che ha percorso, i corridori
hanno inseguito la vittoria, nella speranza che il cielo
scegliesse ognuno di loro.
"La corsa la fanno i corridori" è ormai
un proverbio di questo sport. Ma alla Parigi-Roubaix
la melma crea un'alchimia unica che rapisce, assimila
e fonde i corridori nella corsa stessa.
Sotto la crosta indurita che copre il volto, sogna la
vittoria il "postino" belga Tom Boonen;
come lui cerca la gloria il tedesco Stefan Wesemann;
anche George Hincapie si conferma tra i favoriti.
Cerca doverosamente il bis il vincitore uscente Servais
Knaven. Onora la corsa fino in fondo anche Andrea
Tafi.
Sono quaranta i superstiti giunti all'arrivo: sono uomini
che hanno meritatamente provato la soddisfazione di
gustare la scorrevolezza dell'anello di Roubaix dopo
essersi abbandonati alla durezza della corsa.
Ma per tutti gli altri la gloria dura lo spazio di una
giornata. Per Museeuw solo ci sarà la
soddisfazione di inanellare, come una preziosa perla,
il ciottolo di pavé: simbolo di amore e odio
di questa corsa, oggi splendida centenaria.
Johan Museeuw è un grande campione e grande
interprete di questo sport: due coppe del Mondo, con
dieci successi, novantaquattro vittorie in carriera,
due volte maglia gialla, una volta iridato.
Guai a sminuire il valore della sua prima Roubaix: ricordate
che polverone di polemiche. Un polverone degno della
Roubaix.
1996, Johan si presentò nel velodromo "scortato"
dai compagni Andrea Tafi e Gianluca Bortolami:
l'ordine d'arrivo era stato già deciso via telefono
dalla sede belga dell'allora Mapei-GB. Occhiate torve,
raccomandazioni esplicite frenarono i corridori italiani.
Bortolami, più saggio, ammonì Tafi:
"Andrea, non fare cazzate!", come rimase inciso
sul nastro di una telecamera mobile.
Gli opinionisti ex-corridori furono uniti nel censurare
il diktat del patron Lefèvre.
Sfido chiunque, però, a immaginare un Palmiro
Masciarelli che tira un imboscata a Moser in un
ipotetico arrivo Gis-Tuc-Lu. Giammai Bernaudeau
avrebbe potuto soffiare la vittoria a Hinault
in un finale tutto Renault, la passerella allo Stelvio
che fu concessa da Roi Bernard è un'altra
storia.
Il capitano Mapei Johan Museeuw ha vinto con
i suoi scudieri Tafi e Bortolami (che in carriera hanno
saputo ben consolarsi proprio a Roubaix per Tafi e nelle
Fiandre entrambi).
2000, la resurrezione. Dopo la caduta dell'anno precedente,
la rotula fratturata, la setticemia che rischia di portarlo
alla morte, Johan esulta di nuovo portando in trionfo
il ginocchio martoriato.
2002, la maturità. Il modo migliore per allontanare
la tristezza del secondo posto, dietro Knaven lo scorso
anno, e dietro Tafi nelle sue Fiandre, è vincere.
Sono lontane le lacrime di Meerbeke di appena sette
giorni fa.
Johan taglia il traguardo mostrando teatralmente le
sue dieci vittorie: le mani protese in avanti sembra
dicano "basta così". Il volto serio,
duro, col fango ormai pietrificato ci dicono che Johan
Museeuw vincerà ancora.
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