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Il
protagonista della fuga: Marco
Pinotti (TEAM
LAMPRE-DAIKIN) ©
Bettini
Photo
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LAVAUR,
24 luglio 2001 -
"Gli italiani
in questo Tour sono
pochi, ma buoni", commentava alla
vigilia Michele Bartoli,
ma pare che quelli che ci sono seppur con la buona
volontà, abbiano la sorte contro. Dopo
il secondo posto di Wladimir
Belli nella tappa del Tourmalet,
quando si sperava in una sua vittoria, anche oggi
si è verificato il sorpasso di uno straniero
nelle fasi finali di una tappa dominata da un
italiano.
Questa
volta il più coraggioso è stato
il bergamasco della Lampre Marco
Pinotti, che si era fatto notare in crescita,
nelle prime posizioni delle tappe alpine e pirenaiche.
Il 25enne corridore di Osio Sotto è andato
all'arrembaggio a 30 km dalla fine uscendo dal
gruppo dei 25 fuggitivi in avanscoperta dal km
66.
"O
la va o la spacca", ha pensato
il bergamasco, confidando nelle buone doti da
cronoman e si è lanciato in una crono individuale,
in ricordo di quella mondiale con il 10° posto
assoluto di Plouay 2000.
Ma
nel gruppo che comprendeva fra glia altri gli
italiani Nardello,
il compagno di squadra Serpellini,
Tosatto e Dekker,
Heppner, Verbrugghe,
Vermaut, Mattan,
Julich, Nicolas
Jalabert, Brochard
e Cardenas, c'è
un cronoman abituato alla vittoria quale il belga
della Lotto, vincitore in questa stagione della
Freccia Vallone e
maglia rosa per 4 giorni al
Giro d'Italia.
Rik
Verbrugghe si lancia all'inseguimento dell'azzurro
e lo raggiunge quando questo viaggia ai meno 20
km con un vantaggio di 30'' sui rimanenti 23.
A quel punto quando ormai dietro Serpellini
aiutava il compagno rompendo i cambi del
gruppo, i due battistrada procedono di comune
accordo fino al traguardo, ripromettendosi di
giocarsi tutto allo sprint. Ed è il 27enne
belga, che, quasi peccando di superbia, si lancia
nella volata alzando le mani con largo anticipo,
rischiando di farsi infilare dalla disperata rimonta
dell'italiano. Pinotti sulla
carta è meno veloce di Verbrugghe,
tant'è e alla fine ha visto sfumare l'occasione
della vita sulla linea del traguardo. Peccato,
perché, come lui stesso ammette, se ci
fosse stato un metro in più, avrebbe beffato
l'avversario con il suo colpo di reni.
Ma
l'ultima settimana trascorsa fra le prime file
del gruppo, su e giù per le Alpi ed i Pirenei,
ha fatto perdere quel pizzico di potenza che sarebbe
tornata utile alla giovane promessa di Beppe Saronni,
per aggiudicarsi la prima vittoria italiana di
questo Tour. Quella potenza che invece non manca
al giovane velocista della Fassa Bortolo, Alessandro
Petacchi, vincitore della volata dei battuti,
quella per il terzo posto del gruppo inseguitore.
In
bocca al lupo a Pinotti
che sta attraversando un buon periodo di
forma ed è fra i migliori italiani al Tour,
non per niente 6° nella classifica dei giovani.
In
crescita anche Daniele Nardello,
che oggi infilandosi nella fuga buona, ha tirato
a lucido il tricolore, cercando la sortita dal
gruppo dei fuggitivi.
Dopo
162,5 km di fuga ha vinto dunque
Rik Verbrugghe, secondo Marco
Pinotti e 3°
Alessandro Petacchi.
Il
gruppo-maglia gialla che ha lasciato andare la
fuga, ha terminato la frazione con 15 minuti di
ritardo regolato dal francese
Nazon.
Il
punto:
La maglia gialla dopo le polemiche di ieri sulla
sue infaticabili prestazioni in salita, torna
a pedalare, scrollandosi di dosso i sospetti e
i veleni partiti da presunte dichiarazioni di
invidia e gonfiatesi per la frenesia da scoop,
che una certa stampa irresponsabile e commerciale,
ha ordito nel giorno di riposo, per vendere copie
sulla testa ed il prestigio del campione texano.
Noi
ci dissociamo da queste posizioni e dalla mentalità
del sospetto a tutti i costi e ricordiamo che
ogni giorno vengono effettuati gli esami antidoping
a rotazione e a sorpresa su tutte le squadre del
Tour. Da parte sua Armstrong
ha invitato i giornalisti più scettici
a seguire un giorno di allenamenti invernali con
lui per capire come riesca ora, dopo 10 mesi di
durissima e meticolosa preparazione, a pedalare
a questi ritmi, senza andare in debito d'ossigeno.
Per
quanto riguarda i rapporti di lavoro con il Dott.
Ferrari, suo preparatore, indagato dalle procure
italiane antidoping, non bisogna fare di un erba
un fascio e fino a prova contraria, non si può
affermare che tutti gli atleti seguiti da questo
preparatore siano dopati.
Solo
il tempo infatti ci dirà la verità
sullo stato di forma di Lance
Armstrong in questo Tour.
Per
ora ci limitiamo a registrare
la supremazia della forza/agilità sulla
pura potenza. Questo è già
un segno che i tempi stanno
cambiando e dopo lo strapotere di un Indurain
da 90 chili, con un motore polmonare di 5,5 litri,
e un fenomeno Pantani
da 50 chili di leggerezza, assistiamo all'affermazione
di un nuovo modello di atleta, 70 chili con tanta
forza/agile, che mi ricordano tanto le cronache
degli anni 50, con le vittorie di Coppi
sia nelle cronometro che nelle mitiche salite.
Se non mi sbaglio il grande Fausto, aveva nella
agilità il suo punto di forza. Ma attenzione
non pensiamo che agilità voglia dire meno
fatica, anzi...provare per credere.
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Il
campione d'Italia Daniele
Nardello finalmente
protagonista dopo l'infortunio in una tappa
del Tour
©
Bettini
Photo
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