NEBBIA
IN VAL PADANA
SANREMO AMARA PER MARIO CIPOLLINI: ERIK ZABEL CALA IL POKER
O
forse è meglio dire che lo sprinter della Deutsche
Telekom cala un "colore",
aggiungendo alle sue quattro vittorie il secondo posto dietro a
Tchmil
nel 1999 per un lustro intero sul podio della città
dei fiori.
Mai come quest'anno Mario Cipollini
è arrivato vicino al successo: appena una ruota dietro il
tedesco in una drammatica volata. E drammatica è stata anche
la rincorsa del toscano. Mentre Savoldelli
arrancava sul Poggio,
Cipollini teneva duro e, una volta morsa la
coda del gruppo dei battistrada, richiamava il suo formidabile treno.
Ma Conte e Pieri
nulla potevano contro l'accelerazione DOC di
Matteo Fagnini, pilota della locomotiva
Zabel.
Sfuma così per l'ennesima volta un successo azzurro nella
"Classicissima" e a vedere l'ordine d'arrivo non
ci sarebbe nulla da eccepire, a leggere il nome del meritato vincitore.
Ma vedere perdere SuperMario
per un soffio, proprio a fine carriera (...o si concederà
una rivincita?) brucia un po' nel cuore dei tifosi del pedale.
Del resto la corsa sembrava indirizzata nel suo solito epilogo,
il solito da ormai troppi anni: un attacco di quattro temerari da
lontano; uno sprazzo di Casagrande
sulla Cipressa (tanta fatica
per soli otto secondi di vantaggio); una volata del
Falco Savoldelli in discesa.
E poi il Poggio, ultima speranza per chi vuol guastare la
festa ad Erik Zabel. E invece
no: sono proprio i Deutsche Telekom
a menare le danze sui tornanti, esprimendo una superiorità
disarmante. Tardiva la spinta Mapei di
Lanfranchi
per Bartoli; tardiva
ma piena di speranza l'offensiva di Gabriele
Colombo, ultima punta della Cantina
Tollo-Acqua&Sapone.
E Celestino, che attraversava
la sua Albenga? e
Di Luca? Dove sono finiti? le loro ruote si sono perse
sotto il peso delle aspettative? forse è così per
il primo, mentre il secondo ha in mente esclusivamente il Giro
d'Italia.
E Rebellin? Casagrande?
Konychev? Sfortuna per loro.
Una caduta forse innescata da Zanini
li ha tagliati fuori da un piazzamento, nulla più. Le
loro chances erano già perse.
Già la caduta. Basta poco, una "scintilla",
toccare con la ruota anteriore un avversario e si cade giù
come un sacco, senza pietà in un groviglio di gambe, acciaio
e carbonio. Una ventina i corridori coinvolti, caduti giù
come i mattoncini del domino. E le loro lacrime erano versate per
lo spavento, il dolore, l'arrancare quasi come nuotassero sull'asfalto.
E per l'impresa sportiva sfumata, buttata, accartocciata.
Nebbia, quindi, sulle vittorie italiane a Sanremo;
nebbia sulle imprese solitarie, sulle fughe da lontano, sugli spunti
impossibili sui tre chilometri del Poggio.
Tanti anni fa, ero bambino, l'indimenticato Enzo Tortora presentò
al suo "Portobello" un oscuro
camionista che proponeva di sbancare il monte Turchino, il
colle alle spalle di Genova.
A detta sua il Turchino fungeva
da tappo alle correnti d'aria padane: sbancarlo significava liberare
Milano e Venezia dalle nebbie.
Quest'anno, alla 92ª edizione della Milano-Sanremo,
una frana ha fatto fuori la salita al Passo
del Turchino, sostituito dall'inedita scalata al Bric
Berton, salita dal nome foriero di grandi imprese. Non
è stato così, ma se (permettetemi un "se"...)
un grande pretendente alla vittoria finale, uno qualsiasi, senza
fare dei nomi, avesse acceso le miccie e fatto esplodere la gara
con una grande fuga, il Bric Berton avrebbe
reso inutile il Turchino per
altre 92 edizioni della corsa. E allora, chissà, si sarebbe
sbancato il monte e reso più Turchino
il cielo padano__Michele
Lugeri per bikenews.it