Gran Fondo PINARELLO e della MARCA TREVIGIANA

di Michele Lugeri Treviso, 15 Luglio 2001

LA PARTENZA
i 3200 partenti
Miguel Indurain
Verso Sella di Arfanta
Dimitri Konychev
La prima classificata
La seconda classificata

Bikenews è anche questo: se volete le cronache ufficiali di una Gran Fondo riservata ai cicloamatori e corsa e vinta a 36 km\h cercatele in altri spazi sul nostro giornale.

Qui troverete solamente il racconto di un cronista che finalmente è ritornato in sella e per una domenica ha riassaporato il piacere di pedalare con altri tremiladuecento amici.

Bikenews ha questo piccolo pregio di cui ne vado fiero: la proprietà, la direzione, la redazione è composta da ciclisti praticanti più o meno giovani. E se qualcuno volesse sfogliare gli ordini d’arrivo delle gare juniores di qualche anno fa, potrebbe trovare il nostro collega Gualandris appena a ruota di un certo Dario Frigo.

Così, armato di poco allenamento e tanta pazienza mi sono presentato al via della quinta edizione della Gran Fondo dedicata a "Nane" Giovanni Pinarello, ottantenne capostipite della famiglia che ha legato il proprio nome alla costruzione di biciclette e di grandi vittorie.

Due i percorsi: 139 e 205 km, con un dislivello totale di quasi tremila metri con le scalate al Passo San Boldo, con i suoi caratteristici tornanti scavati nella roccia, e al Nevegal preceduto dalle Rive di Valmorel che coi suoi saliscendi spaccagambe vanificava ogni sforzo di avvicinarsi ai 1200 metri di quota del GPM, costringendo i corridori a ricominciare l’erta finale da quote sempre basse.

Ho scelto il percorso lungo, ma, amici lettori non biasimatemi se confesso pubblicamente di aver aver tagliato il percorso…del resto l’infallibile (e costoso) microchip attaccato alla bici mi ha già depennato da ogni graduatoria.Diciamo che ho intrapreso il "percorso medio", perché 180 km me li sono comunque goduti alla bella media (per me) di 27 km\h.

Tremiladuecento le atlete e gli atleti al via, con la gentile partecipazione del fedele e sempre disponibile Miguel Indurain, di Marzio Bruseghin della iBanesto.com, di Dimitri Konychev della Fassa Bortolo, e di tutti i nomi noti del mondo delle Gran Fondo: Moretti, Giraldi, Colagè e tanti altri.

Pronti, via: 45 km\h…sembra impossibile imbrigliare il popolo dei cicloamatori. Nessuna pretattica: tutti scatenati a cercare le ruote migliori, treni che si lanciano nel ventre del serpentone senza trovare sbocco, l’immancabile ingorgo alla prima salita.

Treviso è già venti chilometri alle nostre spalle e la lunga fila di corridori colora le dolci colline di Susegana, di Refrontolo, di Tarzo e ne ammira la grande fecondità delle terre del prosecco. Così tra le vigne si arriva alla Sella di Arfanta: tre rampe sempre più ripide per sognare il Giro delle Fiandre: 18% di pendenza massima e poi giù in discesa. C’è già il bivio che ci aspetta.

Ahimè, il sottoscritto, già partito nelle retrovie, opta per il percorso lungo e punta il Passo San Boldo, mentre chi corre i 139 km si indirizza verso Vittorio Veneto.

Mi trovo così completamente solo ad affrontare i sette km di salita con pendenza massima del 10%.

Questo Passo, autentico luogo sacro per i ciclisti trevigiani e veneziani, ha delle caratteristiche insolite, uniche: si tratta di una strada militare aperta dagli austiaci nella prima guerra mondiale e rappresenta una via che mette in comunicazione Treviso con Belluno.

La strada sembra indirizzarsi verso un muro di roccia a picco impenetrabile, ma non è così: alzando gli occhi al cielo i corridori vedono una serie di bocche di tunnel che si incrociano ogni dove. Gli ultimi tornanti sono in ombra, al fresco, scavati nella roccia.

Sul Passo termina anche il tratto cronometrato per la speciale classifica del GPM.

Finalmente discesa ma è una breve illusione: già da Sant’Antonio di Tortal si ricomincia a salire verso il Nevegal, ma non in modo costante. Alcune discese riportano infatti in basso i ciclisti: l’attacco al Nevegal parte addirittura dai 250 m slm di Belluno.

Proseguo verso Valmorel, ma una mano amica mi indica la strada per la valle: stavo bene, ma non sono ancora pronto a reggere quasi tremila metri di dislivello.

Più avanti, rientro sul percorso all’altezza del lago di Santa Croce, prima della lunga picchiata su Vittorio Veneto, per poi tornare ad affrontare tre serie di salite che culminano con la dorsale del Montello, celebre per l’imboscata iridata di nonno Joop Zoetemelk del 1985 e la crono mondiale di Jan Ullrich del 1999.

Ho ancora abbastanza forze e riesco a correre spedito con un buon gruppo di passisti lungo i rettilinei degli argini del Piave, a volte esagerati e creati solo per fare chilometraggio, ed arrivare in compagnia a Treviso.

Anche stavolta il mio ritardo dai vincitori è abissale: si misura fortunatamente con la sveglia e non col calendario, ma sono ugualmente soddisfatto delle mie sei ore e mezza passate sotto il sole ed in luoghi a me cari dove ho abitato e lavorato per quattro anni.

Ai vincitori i complimenti ed un consiglio: se reggete medie da far impallidire i professionisti di questi tempi, beh…fatevi sotto: le grandi corse hanno bisogno di nomi nuovi e possono offrire un campo partenti alla vostra altezza.

Di sicuro meritate degli sfidanti più illustri e più adeguati dei tanti "ciclisti-con-la-pancia"che si vedono imperversare nelle Gran Fondo di ogni angolo d’Italia.

Veduta su Sant'Antonio di Tortal
Il cartello ai piedi della salita di Sella Arfanta