TEAM ALFA LUM RSM 2001
Foto di ANDREA GORINI
Le atlete
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Aranzazu Azpiroz |
Vent’anni. Spagnola. La più giovane del Team e l’ultima inserita nello stesso. Aranzazu, già per tutti "Arancia" è una giovanissima atleta basca che ha saputo distinguersi per volontà e spirito di sacrificio. Sia i tecnici dell’Alfa Lum che quelli della Federazione Ciclistica Basca, sono convinti di trovarsi di fronte ad una ragazza con delle potenzialità non ancora espresse che abbisogna di esperienza in un ciclismo di vertice per verificarsi. Caratterialmente ha tutto, in più può sempre avvalersi di una…….apripista d’eccezione come Joane Somarriba. Con una simile big a fianco, Aranzazu potrà crescere nel migliore dei modi. D’altronde l’Alfa Lum ogni anno ha sempre lanciato qualche giovane!
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Martina Corazza |
(Campionessa Italiana su strada Junior ’97 Bronzo ai Mondiali su strada junior ’96)
Ventun anni. Friulana. Martina sarà un’altra "baby" dell’Alfa Lum e questo titolo simbolico non deve far intendere un artifizio per ringiovanire i ranghi del Team. Martina è un talento dimenticato da quel tritasassi inconcludente che spesso è la Federazione Ciclistica Italiana, tanto più quando si parla di ciclismo femminile. Questa ragazza era una stellina del nostro pedale verso la quale mai nessun tecnico federale ha capito il che fare per portarla al mondo delle Elite con le migliori facoltà. Martina è dunque una scommessa, una ragazza da ricostruire completamente, anche perché i tempi del suo dominio fra le junior, quando vinceva oltre dieci corse all’anno, vestiva il tricolore e saliva sul podio mondiale, sono lontani e, soprattutto, è lontanissimo il ciclismo delle junior da quello delle Elite. La Corazza possiede una grande dirittura morale ed una grande capacità di fare gruppo, doti alle quali accosta volontà ed intelligenza. Bastano queste facoltà per dire che un atleta è già fatto per il 55%. Il resto lo fa il fisico e se il corpo di Martina tiene, l’Alfa Lum e l’intero ciclismo italiano, avranno un’altra sicura campionessa. Mai come in questo caso vale il detto: "l’importante è provarci".
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Sara Felloni |
(vincitrice VARAZZE-SANREMO ’99)
Ventotto anni. Italiana. Una carriera già molto lunga nonostante l’età. Una gioventù in cui la parte padrona l’ha fatta la pista dove, al tricolore, stava per aggiungere l’iride (medaglia d’argento nella velocità ai mondiali junior di Mosca), ma anche un titolo italiano su strada. Tante volte azzurra fino alla svolta del 1995, quando decise di abbandonare ogni velleità su pista. Il miglioramento delle prestazioni è sempre stato costante. Fra i suoi successi di spicco quello nel 1997 in una tappa del Giro della Provincia di Pordenone, perché colto alla media di 45,156 kmh che rappresenta il record mondiale per una corsa femminile in linea. Azzurra su strada a Valkenburg nel ’98.
Nel 1999 è partita alla grande vincendo due tappe nello Street Skills Women (Giro della Nuova Zelanda) dove è poi giunta seconda nella generale finale. Tornata in Europa ha trionfato nella corsa che tutte vorrebbero vincere: la PRIMAVERA ROSA (Milano-Sanremo al femminile). A questa corsa stellare ha poi aggiunto un’infinità di piazzamenti. A fine anno è stata classificata numero uno d’Italia.
Il suo ruolino nel 2000 ricalca molto quello dell’anno precedente. Tanti piazzamenti come ormai è suo costume e due vittorie con la stessa metodologia delle precedenti: attraverso regali volate. Sara è sfrecciata prima nella tappa di Crema al Giro d’Italia ed ha vinto l’ultima frazione del Giro di Toscana, nella suggestiva Piazza della Repubblica a Firenze, davanti ad un pubblico tra i più folti dell’intera storia delle manifestazioni ciclistiche femminili in Italia.
Dotata di una progressione formidabile, manca purtroppo di quello scatto al fulmicotone che se fosse stato di suo possesso, l’avrebbe certamente eletta miglior sprinter mondiale. Rimane comunque un’atleta di grande rango internazionale anche perché fra le ruote veloci è quella più completa. Non si dimentichi che nel Giro del Trentino ’99 sul durissimo Bondone seppe giungere sesta fra le italiane, lasciandosi alle spalle atlete che si definiscono scalatrici.
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Serena Gazzini |
(ex Campionessa Italiana Junior ’95)
Ventitré anni. Italiana. Considerata una grande speranza del ciclismo italiano in virtù dei ripetuti successi nazionali ed internazionali fra le junior con relativa conquista del tricolore. Serena non aveva mai trovato fra le Elite, prima del suo passaggio in Alfa Lum, una dimensione degna del suo passato. Qualche giornata interessante sostenuta da buoni piazzamenti, ma niente che la facesse uscire dall’imboccato viale dell’anonimato. Poi la "nostra scommessa" giunta proprio alle soglie del nuovo millennio, ci ha donato una Gazzini che s’è risvegliata dal torpore in cui s’era ficcata per riprendere pian piano la strada che le era stata pronosticata qualche anno prima. Dopo un anno con noi, dire che possa diventare una campionessa è difficile, di sicuro una buona pedina di squadra lo è già. Nel corso dell’anno, infatti, ha raggiunto qualche piazzamento, ma, soprattutto, ha saputo farsi ben volere fino a guadagnarsi l’inserimento nella formazione Alfa Lum del Tour de France (per Serena la sia prima "Grande Boucle"), dove è poi stata una ottima spalla per Joane Somarriba.
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Simona Grossi |
Venticinque anni. Italiana. Una carriera dilaniata dagli infortuni e da fratture che avrebbero messo in ginocchio chiunque. Grande il suo 1998 con due vittorie internazionali, una per distacco ed una allo sprint e diversi ottimi piazzamenti. Venuta in Alfa Lum con l’incognita di doversi curare una discopatia è ugualmente riuscita nelle fugaci apparizioni agonistiche a cogliere qualche piazzamento ed a fungere ugualmente da aiuto, soprattutto morale, per le compagne. Se, come tutti speriamo, starà finalmente bene, può essere una grande pedina ed una sorpresa per il 2001. Altrimenti entrerà nello staff tecnico della formazione, a part time con la musica leggera. La sua voce e la sua simpatia, infatti, ne fanno un personaggio che, prima o poi, entrerà nella sfera di qualche discografico.
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Mary Holden |
(Campionessa Mondiale Crono – Medaglia d’argento alle Olimpiadi di Sydney)
Ventinove anni. Statunitense. Anche per Mary il millennio non poteva partire in modo migliore, in considerazione dell’iride colto a cronometro e dell’argento olimpico di Sydney. Come la stragrande maggioranza delle cicliste americane è arrivata tardi al ciclismo, prima ha praticato, con ottimo profitto, altri sport. Atleticamente Mari Holden, è un misto di forza e potenza proiettata su una base aerobica tra le migliori del panorama internazionale. Umanamente è ragazza dalla vispa intelligenza accompagnata da una evidente simpatia e queste doti arricchiscono non poco la sua essenza sportiva. Il suo curriculum ciclistico, dopo esser stata la triathleta dell’anno nel 1991, segna la prima nota nel 1993, grazie al sesto posto nei campionati nazionali statunitensi a cronometro. Nel 1995 il suo deciso passaggio al ciclismo la pone in grande evidenze grazie alle vittorie a Point Mogu, Lousville, a Colorado nel Memorial John Stenner, nella tappa a cronometro del Power Bar e, soprattutto nei Campionati Usa della specialità. A fine anno distrugge il primato statunitense sui 40 chilometri dimostrando che può valere il primato dell’ora. Nel ’96 viene ingiustamente esclusa dalla formazione olimpica nonostante i ripetuti successi nell’amico cronometro e nelle prove dei "Trias" della specialità. Vince di nuovo il titolo americano "contro le lancette". Nel 1997, a dimostrazione della sua intelligenza e della sua chiara volontà di migliorarsi, comincia a trasferirsi con una certa frequenza in Europa, ovvero nel ciclismo che conta, raccogliendo subito un’infinità di significativi piazzamenti. Vince le prove a tappe di Red River e Meridian Bicycle e si conferma come una delle emergenti del panorama internazionale. Esplosivo il suo inizio nella stagione ’98, quando vince ben due corse a tappe: il Redlands Bicycle e, in Nuova Zelanda, lo Street Skills dove, alla classifica finale aggiunge anche la prova a cronometro. Alla Vuelta di Mallorca vince la crono e giunge seconda nella classifica finale. Quindi riconquista il titolo statunitense a cronometro. Nel 1999 si trasferisce in pianta stabile in Europa. Tra le sue vittorie una tappa del Tour de Snowy, una tappa dell’Hewlett Packard (dove è seconda nella classifica finale) ed entrambi i titoli statunitensi, strada e crono. Al Tour de France dopo aver non poco aiutato la compagna Ziliute verso il successo trova il tempo per finire ottava nella generale finale. Nell’ultima stagione è sempre protagonista. Vince il Tour de Willamette, più due tappe; il Tour of the Gila, i campionati americani a cronometro, è medaglia d’argento alle Olimpiadi di Sydney nella specialità preferita e, sempre nell’amico crono, conquista il suo primo Titolo Mondiale.
Nella stagione 2001, in maglia Alfa Lum, tenterà il Record dell’Ora.
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Fany Lecourtois |
(N. 3 di Francia–N. 30 Ranking mondiale)
Ventisette anni. Francese. Una carriera passata in gran parte a centrare traguardi in patria (una trentina i suoi successi) e con qualche acuto nelle dure tappe del Tour de France, a testimonianza di una forte predisposizione verso le salite. Di nota le sue ascese al Tourmalet nella "Grande Boucle" del 1994 (5° davanti a Fabiana Luperini) e a Voujany (9a in un arrivo allo sprint).
Grande il suo comportamento al Tour ’98, dove si trovò a lottare per le primissime posizioni che sarebbero state sue se non fosse incappata in una crisi nella tappa di Valberg. L’ottavo posto finale però dimostrò appieno il carattere di questa ragazza. Alla fine del ’98 fu classificata al primo posto assoluto in Francia.
Nel 1999 è venuta in pianta stabile a correre e vivere in Italia. Ottimo il suo inizio di stagione culminato nell’assolo vincente al Trofeo Museo Binda di Cittiglio. E’ stata molto brava anche al Giro del Trentino. Il resto della stagione però non è stato pari alle sue attese ed ha così deciso di accettare l’offerta di uno squadrone come l’ALFA LUM.
Con la maglia del Team sammarinese Fany s’è fatta ammirare da tutto l’osservatorio in una stagione che l’ha vista sempre protagonista. Bene all’inizio con una serie notevole di piazzamenti culminato con la stupenda prova ed il terzo posto finale alla Freccia Vallone. Quindi agli inizi dell’estate con la vittoria nella terza tappa dell’Emakumen Bira ed il terzo posto finale nella medesima manifestazione. Bravissima al Giro ed al Tour dove è stata pedina fondamentale nei successi di Joane Somarriba. Ancora piazzamenti nel finale di stagione, senza però potersi giocare le sue carte ai mondiali di Plouay a causa di un’influenza.
Atleta dal fisico esile, ma dalla grinta tra le più evidenti del panorama internazionale. Fany è una grimpeur tipica che ama salire sui pedali con rapporti agili. Stilisticamente è ineccepibile, ma in considerazione del fisico, difetta di potenza.
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Rasa Mazeikyte |
(Bronzo agli Europei crono ’98 e ai Mondiali inseguimento ’99)
Ventiquattro anni. Lituana. Questa bella ragazza venuta dal freddo che, tra l’altro, soffre copiosamente, rappresenta una delle scommesse maggiori dell’Alfa Lum RSM. Dopo esser stata una delle migliori junior del mondo (fu a lungo seconda nella graduatoria mondiale dietro la connazionale e coetanea Ziliute), s’è orientata verso la specialità dell’inseguimento, lasciando alla strada apparizioni più o meno legate alla preparazione della gara preferita. Ciononostante ha fatto vedere di essere una delle migliori passiste in circolazione. Una certa confusione agonistica sui traguardi a cui puntare e sulla ricerca di una sua dimensione, l’ha limitata in tutti questi anni.
Notevoli comunque i suoi successi su pista, A cominciare dalla vittoria nelle singole prove di Coppa del Mondo di inseguimento a Trexlerton (Usa) nel 1997, indi sempre in prove singole a Heyres (Francia) nel 1998, quindi a Valencia (Spagna) e Città del Messico nel 1999. Grazie a questi ultimi trionfi ed ai piazzamenti nelle altre prove Rasa ha vinto la Coppa del Mondo di specialità nel 1998 e nel 1999. Sempre su pista ha vinto la medaglia di bronzo ai Mondiali nel 1999. Nell’ultima stagione, proprio nell’anno olimpico ha reso molto meno di quello che da lei si attendeva: l’undicesimo posto di Sydney ed il quinto ai Mondiali di Manchester raccolgono più di una delusione. Su strada va ricordata per un successo di tappa al "Presov "(Slovacchia) nel 1994 e per il quarto posto finale raccolto nella medesima manifestazione. Di nota pure il bronzo conquistato agli Europei a cronometro nel 1998. Su strada, comunque, ha dimostrato di essere una delle poche atlete ad avere i 50 orari nelle gambe. In Alfa Lum è attesa ad una definitiva consacrazione come stradista e ad una qualificazione ulteriore come pistard. Il potenziale ed il fisico ci sono tutti.
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Edita Pucinskaite |
(Camp. Mondiale 99 – Winner al Tour ’98)
Venticinque anni. Lituana. Giovane, ma dal curriculum di primaria nota. Da segnalare fra le oltre quaranta vittorie fra le élite: nel ’94 il Tour de Epinal, e la classifica "Giovani" al Giro d’Italia; nel ‘95 il GP Cantoni di Zurigo, una tappa al Powerbar (USA) e la Medaglia di Bronzo ai Mondiali di Duitama in Colombia; nel 1996 il Giro di Slovacchia e il Trofeo Lete; nel ’97 il Giro del Friuli, il G.P. di Philadelphia (con arrivo solitario davanti a 200.000 persone) e il terzo posto al Giro d’Italia. Strepitoso il 1998 grazie allo storico successo al Tour de France, consumato con una condotta che non ha precedenti nella massima rassegna a tappe francese: vittoria nella prima tappa (e in altre due) e maglia gialla dall’inizio alla fine. Sempre nel ’98 ha vinto il Giro di Turingia (massima corsa a tappe tedesca) e il Trofeo Città di Schio. Altrettanto strepitoso il 1999. Dopo aver vinto il titolo lituano a cronometro ed esser giunta quarta al Giro d’Italia e terza al Tour de France, ha inanellato una serie di vittorie solitarie nel Giro del Valdarno, nel Trofeo Carnevale d’Europa e in tre tappe del Giro di Toscana, manifestazione che l’ha poi vista trionfatrice nella classifica finale. Quindi, la ciliegina sulla torta dettata dalla straordinaria conquista a Verona del Titolo Mondiale su Strada. Tre giorni prima della conquista iridata era riuscita a prendersi il bronzo nella prova mondiale a cronometro. Con l’iride addosso, ha conquistato il Trofeo Mamma Boni (cronocoppie con la connazionale Ziliute) e ha trionfato nel "Km del Corso" a Mestre.
Nel 2000, all’esordio in ALFA LUM, chiamata al difficile compito di onorare la maglia arcobaleno, se l’è cavata benissimo. Dieci vittorie fra le quali spiccano il prestigioso G.P. des Grimpeurs a Parigi, la tappa di Badonecchia al Giro d’Italia, dove ha pure conquistato il quarto posto finale e la maglia verde di miglior scalatrice. Al Tour de France è giunta seconda a soli 35" dalla compagna Somarriba, dopo aver vinto il tappone del Tourmalet e per distacco la tappa di Ydes.
Ha quindi vinto il Trofeo Città di Schio ed il G.P. Festival de l’Unità.
Passista scalatrice, irresistibile quando è al massimo della forma e fortissima come condotta media. E’ paradossale per una col suo curriculum, ma ha ancora ampi margini di miglioramento, soprattutto sotto l’aspetto tattico.
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Joane Somarriba |
(Vincitrice di Giro ’99 e Giro-Tour 2000)
Ventotto anni. Spagnola. Grazie allo strepitoso 2000, una leggenda del ciclismo, in virtù dell’accoppiata GIRO-TOUR. Non c’è che dire, questa longilinea atleta basca in quanto a classe ha poche rivali nell’intera storia del pedale femminile. Fermata da una discopatia nel ’92 quando era una delle più promettenti atlete mondiali è rimasta più di due stagioni a letto col dubbio di non poter riprendere una vita normale. L’esser tornata allo sport ha dimostrato quanto siano immense le sue facoltà. Rientrata nella Nazionale spagnola a suon di risultati in patria, ha riacquisito una buona quotazione internazionale grazie ad una serie di piazzamenti in importanti gare internazionali. Notevole il suo quarto posto al Giro d’Italia ’96. Nel ’98 l’arrivo in Italia in una formazione molto forte col ruolo di gregaria di lusso di Fabiana Luperini. Il tempo per far vedere la sua eccelsa classe ed un ritorno repentino in patria nella speranza di poter correre con la propria Nazionale il Tour. Ma il rifiuto della Spagna come equipe e l’imposizione a tutti gli atleti iberici di non partecipare a quella manifestazione nei propri club, portò la Somarriba a pensare al ritiro. Nel 1999 quando ormai tutti davano Joane per persa al grande ciclismo, arrivò l’offerta dell’Alfa Lum. Nell’intento del nostro club, c’era proprio l’intenzione di puntare con la Somarriba alla "maglia rosa". Fu uno "scoop"! Joane finalmente seguita e con una equipe convinta sulle sue potenzialità, deliziò i palati fini del ciclismo vincendo il Giro davanti alle compagne Boubnenkova e Veronesi. Un altro saggio di classe lo diede vincendo pochi giorni prima del Mondiale il Giro del Veneto. Nella prova iridata fu protagonista e col settimo posto finale staccò il suo secondo biglietto olimpico.
Il nuovo millennio le ha donato la definitiva consacrazione a leggenda del ciclismo rosa. Fra le otto vittorie stagionali spiccano dapprima il Tour de Aquitaine colto con un’azione solitaria di 80 chilometri, indi il successo nell’Emakumen Bira, una delle principali corse a tappe iberiche, dove a ha pure vinto la cronotappa in salita. E’ poi venuto il bis al Giro d’Italia grazie ad una
formidabile cronometro a Sassuolo e l’acuto finale sul Bondone. Quaranta giorni dopo anche la maglia gialla del Tour de France l’ha consacrata regina. Una corona costruita sui viali di La Salvetat, concretizzata nella formidabile crono di Toulouse e resa fulgida con una delle più imperiali ascese della lunga storia del Tourmalet. L’apoteosi dei Campi Elisi ha eletto il suo sorriso nel mito di questo sport.
Alle Olimpiadi nella prova su strada su un percorso ridicolo, com’è purtroppo consuetudine ai mondiali e, appunto, alle Olimpiadi ha dato spettacolo, ma non è riuscita a levarsi da ruota le avversarie. In quella giornata di freddo e pioggia ha purtroppo rimediato un’influenza che l’ha costretta a correre la crono olimpica con la febbre: risultato un quinto posto che comunque dimostra le sue alate facoltà. Ai Mondiali di Plouay non ha partecipato proprio a causa dell’influenza rimediata in Australia. Una rinuncia che non ha scalfito per nulla un leggendario 2000.
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Tatiana Stiajkina |
(Campionessa Europea Strada-Crono ’99)
Ventitre anni. Ucraina. Uno dei più grandi talenti del circuito internazionale. Potremmo tranquillamente dire precoce in tutto. Nel 1994, ancora junior, era già una ciclista dai valori assoluti, al punto di far vedere le streghe ad una certa Antonella Bellutti nei mondiali dell’inseguimento. Nel 1995 con una preparazione affrettata a causa di un’operazione chirurgica venuta all’indomani di importanti partecipazioni internazionali su strada con le Elite, partecipò da protagonista ai Mondiali Junior di San Marino. Subito ottenne il bronzo a cronometro nonostante i motivi citati e un terribile viaggio in pullman dall’Ucraina che la debilitò non poco. Conquistò poi, gettando l’oro, l’argento nella corsa a punti, mentre nella prova su strada, cercò inutilmente in una gara fiacca di rendersi protagonista. Finì sesta, ma fu macroscopicamente evidente il suo talento superiore. Ed infatti l’Italia le aprì le porte nel 1996, ma quello fu per Tatiana l’unico anno nero di tutta la sua carriera. Tante gare abuliche ed insignificanti per una del suo rango. Nel ’97 lo squadrone della Sanson l’inserì a sorpresa nelle sue file e la Stiajkina fece vedere anche ai più scettici quanto fosse forte. Un’infinità di piazzamenti con gare di grande spessore (nel Giro del Trentino in particolare), il secondo posto agli Europei dopo aver dato l’impressione di esser la più forte, un formidabile successo nel Tour di Styria, arricchito dalla conquista di due tappe e il successo nella prima tappa del Giro di Toscana. In questa competizione, praticamente senza squadra, finì seconda nella generale finale, ma più che ad Imelda Chiappa dovette cedere al Team di costei e alla…..sua solitudine. Ferma nel 1998 per maternità, s’è ripresentata subito protagonista nel 1999, cogliendo un’infinità di grandi piazzamenti (quarta al Mondiale) e ben 9 vittorie, fra le quali i Campionati Europei su strada e a cronometro. A fine anno Tatiana Stiajkina e stata classificata numero uno mondiale under 23 e numero 8 assoluta. Il 2000 è stato per lei difficile, potremmo dire una stagione interlocutoria di lusso, visto che ai tantissimi piazzamenti ha aggiunto due belle vittorie (una tappa al Tour de l’Aude ed una al Giro di Svizzera), ma soprattutto un ruolino da protagonista testimoniato dal 15 posto assoluto nella ranking mondiale e dal 1° fra le Under 23. Atleta completa, deve solo maturare la sua dimensione, in fondo ha solo 23 anni e l’Alfa Lum è il sodalizio ideale per trovarla.
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Daniela Veronesi |
(3° al Giro e 4° al Tour ’99)
Ventotto anni. Sammarinese. La più grande nella storia dell’intero ciclismo di San Marino. Atleta i cui valori sono nettamente superiori alle vittorie fin qui ottenute. Incredibile il suo crescendo nel 1999. Dopo una primavera consumata fra le protagoniste ed aver vinto "per scherzo" la Medio Fondo "Luciano Pezzi", dove ha battuto tutti, maschi compresi è esplosa al Giro d’Italia dove ha vinto il tappone del Monte Serra ed è giunta seconda nella Cronoscalata di Ponte Campiello, dietro la formidabile compagna Somarriba. Dopo aver vestito per un giorno pure la maglia rosa è finita terza nella classifica generale finale vincendo la rassegna delle scalatrici. Notevole anche il suo Tour de France dove è finita quarta nella generale finale, dopo esser stata a lungo leader delle scalatrici ed esser passata prima sul tremendo Col de Marie Blanque. Bravissima anche al Mondiale dove ha colto l’ottavo posto.
Nel 2000 il suo ruolino è stato migliore anche se non sono venuti i grandi piazzamenti al Giro ed al Tour. In primavera dopo aver colto una gran serie di secondi posti, ha vinto il tappone della Vuelta di Mallorca ed è giunta seconda nella classifica finale, solo per una questione di piazzamenti. Ancora una piazza d’onore al Giro del Piave, quindi un Giro che, dopo un’inizio folgorante con una crono al pari delle più forti specialiste mondiali, l’ha vista pagare una crisi nella difficile tappa di Bardonecchia e concludere con una rovinosa caduta nell’ultima tappa. Brava al Tour, a lungo nelle prime posizioni e poi come pedina in difesa di Joane Somarriba ed Edita Pucinskaite finite ai due primi posti, quindi con lo stupendo successo nel tappone del Ballon d’Alsace, la salita sulla quale Merckx costruì il suo primo Tour. Grigio il suo finale di stagione culminato con l’inutile trasferta a Sydney, dove alla mancata partecipazione olimpica ha raccolto un’influenza che l’ha costretta a disertare pure il mondiale. Campionessa sammarinese. Atleta che ha nella forza il suo punto migliore e nei cambi di ritmo il peggiore, per essere più spesso vincente necessita di maggior tenuta psicologica, dentro e fuori le corse.
A cura di Maurizio Ricci - Team Manager Alfa Lum RSM